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Se i Mars Volta di “De-Loused In The Comatorium” suonavano gli anni ’70 con l’ottica avanguardistica propria del post duemila, quelli di “Frances The Mute” allargano il campo d’azione di 10 anni da entrambe le parti: vale a dire anni ’60 e ’80.
La struttura del disco non è per nulla dissimile alla forma concept: cinque lunghe suite suddivise in momenti nei quali confluiscono tutti gli stili che il gruppo nel tempo ha assimilato, con lo scopo di deviare ogni forma di classificazione; è così che Morricone incontra l’ambient, l’emo va a braccetto con la samba, il punk con la musica classica e l’elettronica, senza disprezzare la nuova componente hard rock – da ricercare negli assoli e nei riff – che si fonde benissimo con la psichedelia. Un progetto di enorme portata che in parte riesce ad assurgere gli obiettivi autoimpostatisi: facilmente si resta sbalorditi davanti alle evoluzioni ritmiche e chitarristiche di “Cygnus…Vismund Cygnus”, gli intrecci di organo e tromba nella ballad blues a nome “The Widow” primo singolo estratto, le incursioni di samba e il fantastico arrangiamento in “L’via L’viaquez”..
Eppure tutto questo non esula dai punti deboli del lavoro che sono gli stessi che affliggevano il precedente disco. Primo, una dispersività congenita: i Mars Volta sembrano non saper gestire tutto ciò che mettono nei dischi, e il risultato è una forma a dir poco arrogante di “nuovo rock” che si perde straparlandosi addosso fin troppe volte. Secondo, una conseguente disomogeneità dei pezzi al loro stesso interno: la sopraccitata “Widow” ad esempio viene penalizzata dall’eccessiva lunghezza della coda strumentale che – benché sia preparatoria per il pezzo successivo – si perde inutilmente tra synth e rumori ambientali; così è il destino di tutte le altre tracce, immerse in un ambiente sonoro troppe volte dispersivo e senza direzione che poco rende giustizia all’attitudine in qualche modo punk che, in questo disco, ancora deve molto alla lezione At The Drive In (ascoltare il settimo minuto di “Cygnus…Vismund Cygnus” per credere).
Un disco che manca di sintesi, fondamentalmente. I Mars Volta stanno avendo il grande merito di riscrivere il rock, ponendo nuove basi: non rimane che attendere una seconda ondata che queste basi riesca a definirle al meglio.