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Cos’è l’invasione invisibile? L’invasione invisibile è un morbo, una strana malattia che ti cresce dentro e senza che tu te ne accorga ti è intorno, addosso, dentro. Poi un bel giorno ti svegli o scopri che hai perso, non puoi più difenderti, ormai sei succube di essa e non si può tornare indietro. La personale invasione dei Coral è quella dello spirito sixty. Questo dannato cazzo di spirito sixty che sembra aver preso tutte le band dell’ultima ondata (Hal, Thrills, Bees, Bandits, Zutons,…) portando l’orologio indietro di 50 anni. Non ci sarebbe niente da lamentarsi se uscissero album come quello degli Earlies, che mischiano sapientemente oldies con elettronica, purtroppo per i Coral (e la maggior parte degli altri nomi citati) la cosa non è così, e se da un lato per Hal e Bees non ce ne può fregare di meno per i Coral non può che maturare un certo dispiacere. Il dispiacere di vedere il punto di forza di una band diventare il punto debole, la fonte d’ispirazione fonte di emulazione, l’evoluzione involuzione. Se si ricorda il grandioso debutto di anni fa i Coral lasciavano sperare il meglio: Pink Floyd fusi a Beach Boys con spruzzate di folk, country, beat…Sì, il primo album è un gioiello. Ma da quel momento in puoi quel che poteva essere il fiore all’occhiello dell’Inghilterra è appassito lentamente, in una lunga agonia di Hofner scordate, fisarmoniche e chitarre acustiche. Prima un Magic and Medicine che manteneva alta la qualità, ma mancava di coinvolgimento e presa. Il seguente Ep è ormai definito da tutti un vero e proprio album, o meglio un vero e proprio deludente album, primo passo falso dei Coral. E alla terza arriva la delusione: The Invisibile Invasion è un album non brutto, forse ancor peggio… è inutile. Sembra uscito dalle stesse session dell’album prima che sembravano a loro volta session di Magic and medicine (che a loro volta sembravano scarti acustici del primo lavoro). Maturazione artistica? Niente. Percorsi musicali nuovi? Nada. Originalità negli arrangiamenti? Nisba. Insomma i Coral escono col più classico dei Coral album, che ha in se qualche perla (A warning to the Curious, bossa nova dai suoni fantastici) ma non abbastanza per risollevare l’album da un 5 che sa di condanna, affondando le capacità della band e portandola al livello di tutti gli altri sixty-addicted et similia. Poi sì, belli i suoni, belle queste chitarrette folk, le voci corali, la batteria che sembra così vintage da venire dagli anni 30, i suoni delle tastiere vintage… Se però la prossima volta ci date anche qualche bella canzone è meglio.