Cope, Julian – Citizen Cain'd

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Non ricordo gli anni che separano l’ultima prova discografica di Julian Cope da questo nuovo “Citizen Cain’d”, e in realtà non è che questo importi molto ai fini dell’attitudine artistica di questo grande autore inglese, una sorta di santone distaccato dalla società, responsabile insieme a Bevis Frond e Robyn Hitchcock della rinascita, in Inghilterra, della musica psichedelica negli anni 80/90. Non è tipo da farsi influenzare dall’ esterno Julian Cope. Prova tangibile ne è la sua discografia allestita sempre con canoni altamente anti-discografici, l’unico input che Julian Cope ha sempre seguito è la sua necessità comunicativa che si è espressa in lavori dal taglio differente, ma sempre pensati sotto la bandiera della genuinità assoluta. “Citizen Cain’d” non è che l’ennesimo capolavoro, disteso su due cd, che lui chiama “side one e side two”, forse rimpiangendo l’epoca del vinile, quando di cd ne poteva bastare uno se si pensa alla durata totale dell’opera (71 minuti circa). Con incredibile coraggio il nostro ha pensato bene di dividerli in base all’animo che li caratterizza, il primo maggiormente aggressivo, abrasivo, quasi punk in certi episodi, il secondo più intimista più vicino a certo folk psichedelico del suo passato. Si parte con “Hell is Wicked” con un inquietante riff di chitarra che è già leggenda, uno spirito votato all’essenzialità e alla libertà di esecuzione, una registrazione che definire sporca può essere nel caso di Julian Cope solo un complimento. “Hell is wicked” ha l’odore della pazzia, è il messaggio di chi vive fuori dal mondo e nella sua nenia infernale risulta un episodio da standing ovation. Se questa composizione vi ha già distrutto, la successiva “I can’t hardly Stand it” vi darà il colpo di grazia, 3 minuti di folle rumorismo, un punk rock eccessivo e sgraziato, ma che nasconde indubbio genio. Più rassicurante il rock psichedelico di “I’m living in the room they found Saddam In”, con quell’organo Farfisa in rilievo su un giro di chitarra in bilico tra lo spensierato e il maniacale, aspetto tipico dell’arte di Julian Cope. Il testo di questa canzone lo lascio scoprire a voi. Ancora gusto smaccatamente psichedelico su “Gimme Head”, cori deviati sullo sfondo, chitarra satura fino all’inverosimile e un ritmo ipnotico fanno andare questo brano in cima, tra gli highlights del disco. “Dying to meet you” è punk rock d’annata bello e buono, veloce, aggressivo, approssimativo seppur piacevole, in qualche momento dannatamente diretto, ancora caratterizzato da una splendida attitudine lo fi che lo rende ancor più godibile ed efficace. Il primo cd termina con la stupenda “I will be absorbed”, brano ipnotico e cadenzato, chitarre tiratissime e una linea di voce assolutamente spettacolare vanno a collocare questo brano tra le cose migliori mai scritte da Julian Cope. La sgraziata aggressività del primo cd è contrapposta all’intimismo malato e sofferente del secondo, che si apre col folk acido di “Feels Like A crying Shame”, in cui una inizialmente leggiadra chitarra acustica si lascia ben presto contaminare da distorsioni fuzz e phaser che mettono in risalto la spiccata anima psichedelica di Julian Cope. Più in linea con certo standard folk la successiva “World War Pigs”, brano che sul finale si concede ricami, ambizioni e arrangiamenti da inno pacifista. La stralunata e stranamente graziosa “Stomping Dyonisius” concede una piacevole parentesi folk di respiro a tratti quasi dilaniano, a tratti vicino al Neil Young di “On the Beach”, il cui fantasma pare tornare anche su “Homeless strangers” caratterizzata da stupende chitarre armonizzate e da una successione armonica davvero elegante. Se questi due brani lasciano un piacevole gusto dolciastro, l’immediatamente successiva “The living dead” torna ad esplorare sentieri scuri ed inquietanti con quella chitarra malata e distorta che fa da sfondo alla voce nera di Cope che qui denuncia a suo modo la depressione culturale e sociale che affligge il mondo. La conclusiva “Edge of death” mette in rilievo una volta di più l’incredibile estro visionario di Cope, in una composizione inquietante e stupendamente psichedelica. Se amate Julian Cope “Citizen Cain’d” non vi deluderà poiché trattasi di uno degli album più belli da lui mai realizzati. Infatti se “Fried” rimane comunque la sua vetta artistica, questo suo nuovo lavoro viene immediatamente dopo. Resta invece difficile consigliare, a chi fosse estraneo a queste sonorità, uno come Cope, considerati i bizzarri tratti artistici che lo caratterizzano e non ultima per la musica estrema che suona. Fatto sta che è un vero sollievo per tutti gli amanti del rock psichedelico vederselo tornare in questa forma, con questo umore un po’ nero, ma pur sempre agitato, combattivo e giammai rassegnato. Leggendario Cope.