Clevis Hat – Clevis Hat

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L’indietronica de noartri. Non necessariamente un male proporre indietronica quando le saldissime basi permettono di aggiungere pattern impressionanti di synth (Morning Sun), richiami vagamente house e filamenti di tastiere che sembra di stare a sentire la versione con un sacco di idee degli M83. Praticamente strumentalmente perfetti quanto vocalmente carenti, tanto che la maggior parte delle volte sembra di ascoltare una litania senza alcun mordente (e che tenta più volte i registri bassi di Sylvian e Chimenti). Ci teniamo però a dire che, a fronte di proposte del tutto italiane quali Yuppie Flu, i Clevis Hat stanno nettamente cento spanne sopra per creatività d’arrangiamento e quantità di emozioni (#3) a livello quasi di Isan o la versione emotiva di Tarwater. Insomma, cinque pezzi per tracciare una poetica quantomeno meravigliosa (le fisarmoniche in Never Seen sono l’intuizione più bella dell’intero disco) nel panorama italiano.