The Rolling Stones – A Bigger Bang

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Non starò a fare le solite considerazioni sugli Stones, sul loro famoso, vantaggiosissimo contratto con l’uomo ricco e pieno di gusto, penso sia meglio tralasciare tutte queste banalità e mettersi a parlare subito di questo nuovo “A Bigger Bang”. Generalmente chi dice che sia il loro migliore album da “Tattoo You”, chi invece – come il sottoscritto – pensa che l’ultimo loro vero grande lavoro sia stato “Some Girls”, fatto sta che era ormai un quarto di secolo che i Rolling Stones non davano alle stampe un vero grande album, a parte episodi alquanto sporadici di canzoni davvero degne in “VooDoo Lounge”, buon album ma nulla più, o nel live “Stripped”. Eppure, la gente non ha mai smesso di seguire e amare Mick, Keith, Charlie, Ronnie e Bill, che ha preferito porre fine alla sua carriera di rocker: raccolte di successo, concerti esauriti ovunque, con performance sorprendenti e DVD ad immortalare il tutto. Un’ottima macchina di merchandising questi Stones, e ora, dopo quasi cinquant’anni d’attività, sfornano un altro album capolavoro. Sì, avete letto bene, non uso mezzi termini e affermo chiaro e tondo che quest’album è un capolavoro, rock nella sua accezione più pura, ben concepito, prodotto e suonato alla grande da quattro musicisti in stato di grazia. La reclame diceva che «finalmente Mick Jagger e Keith Richards sono tornati a comporre assieme» e una volta tanto non si è trattato della solita pubblicità ingannevole: questi sono gli Stones dei bei tempi, fiammeggianti, ruvidi, emozionanti e veri come solo loro sanno essere. Non importa quanti anni abbiano, né le vicissitudini e le cadute di stile degli eighties – che a onor del vero non hanno coinvolto solo loro –, né che Mick Jagger sia stato nominato baronetto, lui la testa a posto musicalmente parlando non l’ha ancora messa – ma neanche al di fuori della musica mi sa… – e in quest’album ci sembra di avere a che fare col ragazzino coi labbroni che tanto scalpore aveva destato negli anni ’60 e non solo. Un album dei migliori Rolling Stones a tutti gli effetti, in cui possiamo ritrovare pressoché tutti i momenti migliori della loro lunghissima carriera: dalle movimentate, funkeggianti “Infamy” e “Rain fall down” al classico blues johnsoniano “Back of my Hand”: da una “Driving too fast” che può a ben diritto fregiarsi di essere la “Jumpin’ Jack Flash” del III millennio ad una la suadente, dolceamara “Laugh I almost died”. E ancora troviamo “Let me down slow”, uno dei brani più in stile Stones anni ’90, la cui freschezza e ispirazione non lo fa sfigurare al fianco di quelli più improntati verso il vecchio stile; una sfrenata “Look what the Cat dragged in” in cui anche la voce di Mick sembra aver fatto un balzo indietro di qualche decennio, e poi la ballad romantica “Streets of Love”, probabile single di successo e ancora tutti gli altri brani che compongono “A Bigger Bang”, che ascolto dopo ascolto si rivela album compatto e privo di cadute di stile, in una parola un disco completo e corposo da ogni punto di vista – e ascolto, soprattutto. Volendo, potremmo parlare di completa resurrezione artistica dopo anni di produzioni altalenanti, ma così facendo rischieremmo di sminuire il valore di “A Bigger Bang” che è, semplicemente, un massiccio album dei Rolling Stones, una delle più pure espressioni del rock allora come oggi. La più longeva rock ‘n’ roll band di sempre è dunque tornata nel migliore dei modi, in un periodo in cui le proposte musicali mainstream stanno toccando il fondo qualitativamente e quantitativamente Mick, Keith, Ronnie e Charlie hanno dato al mondo una bella lezione su come la musica di qualità non invecchi mai e sia comunque ben remunerativa: per parlare di cifre, “A Bigger Bang” è stato il primo album degli Stones a raggiungere il #1 anche nelle pietose classifiche italiane, nelle quali da qualche tempo a questa parte anche i nomi più rispettabili iniziano a farsi strada, senza contare tutte le labels non conteggiate grazie agli arbitrari metodi di chi queste le classifiche le decide. Un segnale forte nei confronti di un’industria discografica allo sbando e capace solo di scaricare le proprie colpe su chi… a sua volta scarica la musica da internet. Pensate a proporre artisti di qualità e imparate dai Rolling Stones, poi magari ne riparleremo. A questo punto resta solo da domandarsi cosa faranno i nostri alla fine del prossimo super-mega tour. Una chiusura di carriera col botto più grande sarebbe forse quanto di meglio auspicabile, perché fare dischi di questo calibro è davvero dura, però abbiamo ormai capito che i nostri ne sanno davvero una più del Diavolo, quindi chissà…