AA.VV. – A Clockwork Orange OST

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La leggenda vuole che, quando il Gran Burattinaio Malcom Mc Laren alzò la cornetta per chiamare Stanley Kubrick e proporgli di girare un film sui Sex Pistols, il regista abbia declinato l’offerta affermando di aver già finito di dirigere questo progetto ben 6 anni prima della nascita degli stessi Pistols. La chiara allusione ad Arancia Meccanica, che nel ’71 aveva effettivamente scandalizzato il pubblico ( specie quello delle sale inglesi ) quanto avrebbero poi fatto i discepoli del punk, poteva essere una reale consapevolezza da parte del regista di aver precorso i tempi o solo un arguto pretesto “ad effetto” per togliersi dai piedi un’offerta poco interessante. Oppure, più plausibilmente, noto il temperamento schivo ed egocentrico di Kubrick, entrambe le cose. Tuttavia resta innegabile che “Arancia Meccanica” sia stata una pellicola che, grazie al suo straordinario carico di violenza e sarcasmo pop, ha galvanizzato i giovani artisti almeno quanto ha disgustato gli spettatori borghesi e che ha preparato il sentiero alle teorie provocatorie e anarchiche del punk: il suo immaginario ironico e delirante, il culto della violenza come scelta disinteressata e un protagonista che di nome fa Alex, (a-lex: senza legge) accompagnano uno dei temi preferiti di Kubrick, la de-umanizzazione. Ne aveva parlato in “2001: Odissea nello Spazio” ne parlerà con gli addestramenti disumani in “Full Metal Jacket”, ne avrebbe parlato ancora ( se il tempo gli fosse bastato) in “A.I. Artificial Intelligence”, poi diretto da Spielberg. Alex è un giovane nel pieno del suo vigore fisico ed intellettuale, posseduto dall’istinto per la violenza e scosso dal lato più passionale e irrazionale della vita stessa. E guarda caso, è un musicomane: va matto per Beethoven, si eccita ai gorgheggi di una cantante virtuosa. La musica è nel cuore di “Arancia Meccanica”. Per estirpare l’impulso alla violenza di Alex gli specialisti lo costringono a guardare scene di guerra e sangue, accompagnate dalla Nona Sinfonia, rendendolo intollerante anche alla musica del “Ludovico Van”: nell’intenzione della buona società c’è un uomo de-umanizzato, privato dei suoi impulsi e dei suoi istinti primitivi, dei suoi moti più radicalmente umani e quindi anche della passione verso la musica. Nel 1971 la popular music aveva raggiunto nuovi picchi di aggressività: il rock’n’roll scandaloso dei Rolling stones si era emancipato, gli Who spostavano più in alto le sue potenzialità violente, un certo Iggy Pop aveva iniziato da un paio d’anni a militare negli Stooges intraprendendo la lunga battaglia della musica-rumore. Particolari che non avevano mancato di allarmare gli ascoltatori più composti e che sicuramente erano giunti all’orecchio di Kubrick: Alex sarebbe stato un grandioso prototipo di ascoltatore rock’n’roll, ma circoscrivere il suo amore morboso per le note nel panorama della musica “del demonio” avrebbe solo confuso le carte in tavola. A far diventare “rocker” sinonimo di teppista ci avevano già ben pensato i benpensanti, etichettando gli ascoltatori di un certo tipo di musica come rifiuti della società. La musica messa in questione dalla soundtrack è invece quella universalmente accettata come frutto di indiscussi geni artistici: Beethoven, Rossini, applauditi nei rassicuranti salotti borghesi diventano la sinistra colonna sonora delle malefatte di giovani teppisti di strada. “Singin’ in the Rain” il motivetto leggero e spensierato che Gene Kelly tip-tappava nell’omonimo musical si trasforma in un inno cinicamente intonato dal protagonista durante uno stupro. Kubrick riesce a mettere la pulce nell’orecchio dello stesso spettatore medio, a dare ai suoi luoghi e alle sue abitudini un risvolto tutt’altro che medio, a fargli sospettare che dietro quelli che lui crede leciti diletti da buon borghese possano risiedere in realtà gli ultimi scarti di un istinto tumultuoso e vitale, ora cristallizzato in logiche di forma. Ci vollero parecchi anni perché queste celeberrime composizioni di musica classica fossero accettate sotto l’icona del volto mefistofelico di Malcom Mc Dowell: ora potete procurarvele ovunque, ed ascoltarle preparandovi (se ancora non lo avete fatto) per vederle poi magistralmente unite alle immagini di “Arancia Meccanica”, il primo, grandioso, videoclip punk della storia.