Burst – Origo

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Succede che apri il sito della Relapse, capita ogni tanto, giusto per dare un’occhiata ai prezzi dei CD, delle felpe (ne hanno di molto belle, a volte) e per aggiornarti sulle prossime uscite.
Succede che dopo aver scritto l’indirizzo premi “invio” sulla tastiera e il browser ti apre una pagina con una mega-foto dei Burst illuminati dal sole nordico, la copertina del nuovo disco in primo piano contornata da frasi roboanti del tipo “disco dell’anno”, “crushing sensation”, “incredibile conferma”.
Allora ti senti contento, rimetti su Prey On Life (gran disco) e non vedi l’ora di mettere le mani su questo così promettente Origo.
Succede che finalmente rimedi questo così promettente Origo, ascolti la prima canzone “Where the Wave Broke”, ti gasi sulle sue ritmiche quadrate e esplosive e ti scende la lacrimuccia di ordinanza quando leggi che è dedicata al caro Miezko dei Nasum che sotto lo tsunami c’ha lasciato la pelle; poi passi alla seconda canzone e ti dici, fiducioso, “vabbè, la prossima è meglio.”
Poi dopo la terza cominci a voler credere che è un disco di difficile assimilazione. Dopo la quarta sei ormai convinto che, sì dai, Origo è uno di quei classici dischi con una seconda metà nettamente superiore alla prima. Purtroppo, quando arrivi alla tremenda “It Comes into View” inizi a capire: è un disco brutto, e il resto delle tracce lo conferma pienamente.
E non è solo perché la suddetta “It Comes into View” non ha un briciolo del carisma della strumentale del disco precedente, limitandosi a sputacchiare qua e la qualche riferimento pinkfloydiano. Non è solo perché “Sever” scippa tranquillamente riff e arpeggi a “Deliverance” degli Opeth. Non è solo perché manca del tutto la varietà, gli stacchi fulminei e la sincerità di “Prey On Life”.
E’ per tutti questi fattori messi insieme, sommati al fatto che si sono montati la testa (o forse gliel’hanno montata) e vengono presentati come punta di diamante del famigerato “metal pe(n)sante”, che arrivi alla drammatica conclusione che per ‘sto Origo non vale neanche la pena di sprecare banda in download.

Un mio amico l’altro giorno lo vede sulla scrivania, lo prende in mano e mi fa: “Origo?”
E io: “Fai pure.”
Si, è una battuta squisitamente romanesca ma decisamente esplicativa.