Ratatat – Classics

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Sono in due. E a vederli sembrano innocui come il gatto in copertina, ma sanno graffiare come tigri. Snake e E’Vax (veri nomi Mike Stroud, ex Dashboard Confessional e Evan Mast, produttore underground) sono rispettivamente un polistrumentista e un programmatore che compongono brani strumentali matematici, secchi, serrati e dannatamente irresistibili. Sono iRatatat, e sono tornati con il loro irresistibile cocktail sonoro; e questo ‘Classic’, sin dai primi ascolti, sembra addirittura esser meglio del già fantastico omonimo disco d’esordio. Dentro c’è tutto: electro, pop, funk, schitarrate rock, beat glytch, un “pastone” sonoro che lascia ancora una volta spiazzati al primo ascolto. Canzoni-non canzoni, che sono troppo prepotentemente efficaci per fare da sottofondo, ma proprio quando le ascolti con attenzione ti accorgi che… non c’è nulla di nuovo nè di speciale, se non l’irresistibile alchimia che basi di drum machine, scale di synth e schitarrate grunge possono creare. Potrei fare qualche nome… e anzi lo faccio, giusto per incasinarvi un po’ le idée: Cassius (gli ultimi), Go!Team, Mellow, Rhynocerose, CSS… E per aggiungere ingredienti “malsani” ecco l’elemento destabilizzante: il remix del primo album è stato dato in mano da Jay-Z a Missy Elliot a 50 Cents(!!!). Se non vi incuriosisce questo! Si va da brani il cui andamento circolare può ricordare qualche passaggio strumentale post rock, a pezzi dai toni disco (“Wildcat”, ricco di ruggiti chitarristici), da echi di Beatles (“Tropicana” sembra un immaginario pezzo dei Fab Four ripassato dalle Cibo Matto), ad un lento ricco di slide che ricorda l’anima più elettronica, quella che imperava in ‘Finger Crossed’ degli Architecture in Helsinki (Swisha). E la cosa fantasica è che, descrivendo questi brani, non si può far a meno di sottolineare che sono, in un certo senso, “ripetitivi”, loopati, come un vecchio arcade game con la colonna sonora di sessanta secondi e poi ricomincia. Dov’è il fantastico in questi aggettivi? Che nonostante ciò non si riesce ad ignorare le melodie di questi synth anni 80 e di chitarre col metal zone. Non sarà innovativo, non sarà una novità, non sarà neanche facile da ricordare nei brani o nei passaggi, ma ogni volta che lo risento mi accorgo che è un lavoro perfetto, con un’anima definita anche se ricca di sfaccettature. Ed è proprio questo il bello.