Don Quiból – Don Quiból

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In quella zona Cesarini che è il mese di dicembre va a segno uno dei migliori dischi di questo 2006. Arriva tardi, arriva con un nome ricco di fascinazioni. Arriva con testi in inglese e con un digipack bellissimo. Sembra arrivare da lontano ma è italianissimo. Sì perché alla fine i Don Quiból non sono altro che un trio di gente che la sa davvero lunga: Paolo Saporiti (autore anche di un notevole disco solista sempre quest’anno), e la coppia Christian Alati e Lucio Sagone (Cods e Gatto Ciliegia Contro Il Grande Freddo). Insieme fanno sbocciare dodici pezzi di cantautorato folk rock che già al primo ascolto mettono i brividi. Folk sapiente, accompagnato da venature introspettive e ombre serali. Con accenni psichedelici. E tanti sentimenti di ogni tipo. Basta solo “The world comes around” per capire il valore di tutto: un uso sapiente delle chitarre, in perfetto equilibrio acustico/elettrico e una base ritmica imponente. Le sferzate distorte di “Human perversion” fanno da contrasto ad un ritornello che esplode di melodia. Sono solo due piccoli esempio per una dozzina piena di meraviglia. Canzoni veloci, che in pochi minuti dicono tutto e nel miglior modo possibile. Nessuna esclusa. “Waiting on a friend” è uno di quei pezzi che dovrebbe essere insegnato a chi vuole suonare. Accarezzano come dei Morphine alle prese con le chitarre poi esce il loro lato malvagio e inaspettatamente colpiscono allo stomaco, pesantemente.

I cantati di Saporiti si riconfermano ad un livello che ora pochi riescono a raggiungere come intensità, e vengono ancora più esaltati da tutto il complesso di suoni che gli gira attorno. E si capisce perché ci sono voluti due anni per raggiungere tale risultato.

Era davvero tempo che non rimanevo così impressionato.

Un gol di classe proprio in chiusura. Uno di quelli che decidono la partita.