Acquista: | Data di Uscita: | Etichetta: | Sito: | Voto: |
Pare che il disco in questione tragga il proprio titolo dalla cospicua presenza di ragni nella casa di Mister Bob Corn, qui giunto al suo secondo appuntamento ufficiale. Di bocca buona gli aracnidi in questione, un po’ esistenzialisti e dalla spiccata propensione musicofila aggiungerei; e non risulta difficile immaginarli annidati nei più remoti angoli della cameretta a gustarsi le spoglie nenie proposte da Tiziano Sgarbi, ben al riparo da Kirby e Folletti di sorta tra una degustazione d’insetti e l’altra. Per chi non lo sapesse il soggetto in questione, oltre ad essersi speso per anni nell’organizzazione di eventi, è il deus ex machina della Fooltribe, tra le più interessanti etichette nostrane e capace di accompagnare all’indubbia qualità media delle proprie uscite una salutare trasversalità, sfuggendo alle strette maglie di generi e sottogeneri (pensate all’oceano che separa questo disco dai Red Worm’s Farm).Chissà come dev’essere stato presentarsi in prima linea dopo anni di dietro le quinte e per giunta tanto “a nudo”, per tramite di un suono fatto di voce schiva e chitarra acustica oltre a rari e quasi impercettibili fondali di luce e testi la cui intimità è tanto palese da creare quasi imbarazzo (vi bastino i pensieri di inconsolabile sconfitta sentimentale della conclusiva “First Song”, e quanto non convinca quel “E’ finita” pronunciato in coda). Tiziano ha la barba lunga e una striminzita chitarra per le mani, ma non correte subito a Bonnie Prince Billy,ve lo chiedo come favore personale. O meglio, non soltanto a lui, dato che “I need love” ne condivide lo stesso incantevole linguaggio. Non che si approdi in porti tanto distanti dal fu Oldham e in fondo è pur sempre di folk lento e zoppicante che si parla, ma se nell’urgenza sommessa dell’esordio di “You’re My Island” mi piace trovare paralleli con il primo ed arrochito David Gray, altrove Sgarbi tiene degna compagnia ai polverosi archivi Red Red Meat ed Iron and Wine, ma in fondo l’impressione che se ne trae è quella di una cifra stilistica definita più di quanto non si fosse disponibili ad ammettere in partenza. Vi chiede poco tempo, in poco più di venti minuti raccoglie le sue cose e toglie il disturbo. Sulle prime se ne avverte tremendamente la mancanza, come quell’amico discreto e taciturno che in fondo “ha sempre capito tutto”, e per ora non ci chiediamo se sulla lunga distanza l’effetto sarebbe proprio lo stesso. Ci godiamo (e parecchio) il programma riservatoci e di più non dimandiamo.