Antonius Rex – Switch On Dark

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Difficile parlarvi di un disco come ‘Switch on dark’. Difficile parlare di Antonius Rex, un’entità artistica in cui si aggirano le anime sinistre di un personaggio storico dell’underground italiano come Antonio Bartoccetti (chitarra, voci) e Doris Norton (tastiere, aspetti digitali). L’arte scura e inafferrabile di Antonius Rex ha sempre tardato ad essere compresa, i suoi tratti d’avanguardia sono sempre sfuggiti sul momento per poi rivelarsi anche a molti anni di distanza. Così dischi dal fascino unico e inimitabile come ‘Ralefun’ o ‘Neque sempre arcum tendit rex’ (siamo negli anni 70) sono sempre stati materia d’interesse per i più incalliti cultori della musica e dell’arte sotterranea, anche se l’influenza che questi hanno avuto in seguito su certa musica dark, gotica e persino metal è stata davvero enorme. Bartoccetti è artista nel senso più ampio e completo: da sempre affascinato dal mondo dell’occulto e della magia, non esita a trasferire tutto ciò nella sua musica esoterica. Da sempre appunto: dai tempi in cui sconvolgeva l’underground con gli Jacula a quelli in cui decise di continuare le sue indagini nel regno delle tenebre come Antonius Rex. Nell’ambiente si è detto molto circa la sua musica: nonostante i molti appassionati, alcuni hanno liquidato (sbagliando) le sue gesta definendole come “colonna sonora da b-movie dell’orrore”. Beh, più volte sono sceso in difesa della musica di Antonius Rex affermando che se è improponibile un qualsiasi film (in special modo dell’orrore) senza colonna sonora, la musica sicuramente filmica di Bartoccetti è una delle poche in grado di evocare scenografie e movimenti visivi ai limiti del reale senza l’ausilio di una pellicola.
‘Switch on dark’ non fa eccezione e come sempre presenta passi in avanti nell’esplorazione sonora e musicale di Antonius Rex. Ciò che rimane pressoché inalterato sono il tipico alone nero e la carica magica che permeano l’intero contenuto musicale del disco, lo studio approfondito e poi musicato delle paure e delle ossessioni, nonché dell’aspetto oscuro che vive in ognuno di noi. Sin dall’iniziale “Perpetual Adoration” l’ascolto si rivela più propriamente una subliminale esperienza sonora con pochi confronti degni di nota, ovverosia un notevole dark prog (a dire il vero più dark che prog) scandito in esordio dal sinistro rintocco di una campana, successivamente accolto da alcune note di pianoforte, archi e chitarra acustica, che culmina infine in un suggestivo e moderno trip sonoro dalle vaghe tinte elettroniche. Altra menzione speciale per gli oltre diciannove minuti della title track: un viaggio mistico che comincia come una macabra marcia e si trasforma con lo scorrere dei minuti in un soave – a tratti oserei dire quasi angelico – mezzo tempo pregno di sensazionali impulsi evocativi e atmosfere incantate. Quest’ultime, create da efficacissime note di pianoforte, organi e leggiadre incursioni di timbriche digitali, vengono talvolta disturbate da spaventosi vocalizzi provenienti direttamente dall’oltretomba e dagli assoli di chitarra di Bartoccetti, al solito misurati e essenziali, ma tremendamente ficcanti. Nella successiva “Darkotic” fanno la loro lugubre apparizione alcuni possenti riffs di scuola sabbathiana, mentre altri momenti di introspezione mistica vengono riproposti in “Fairy Vision”, una composizione davvero in grado di suggerire all’inconscio visioni molto poco terrene.
Credetemi, è impresa ardua raccontare a parole la musica di Antonius Rex. Al cospetto di opere così suggestive e prive di riferimenti immediatamente classificabili il pericolo di risultare poco comprensibili diventa serio. Mi tolgo dall’imbarazzo esternando una sola e semplice considerazione: se come me amate il gusto per il gotico non potrete fare a meno di questo disco. Non sorprende, in conclusione, che dietro a questo album ci sia la “regia” di Black Widow, l’etichetta nostrana che, dopo i Delirium, ci ha regalato un altro grandissimo ritorno. Chapeau.