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Unità spirituale in scala pentatonica, valzer degli addii e swing di Addis Abeba; canti prepotenti, di liberazione e di gioia, dissonanze in guerra, identità ed Etiopia e liberiamo il jazz, per la miseria! Attraverso Iggy Pop o chi per lui poco importa: l’importante è questo disco. Getatchew Mekuria, ovvero il free jazz prima del free jazz, uno che della tradizione etiopie sceglie i canti di battaglia, il parossistico vibrato del sax, uno che con un paio di note ti fa vedere direttamente la Resistenza Mondiale senza mai essersi mosso dalla terra natìa. E’ l’incontro con gli Ex, a settant’anni suonati, a portarlo in Europa in tour e registrare questo ‘Moa Anbessa’. Mai nulla di così provvidenziale, col senno di poi. La registrazione è implacabile, terremotante quando sceglie la via delle danze di guerra o situazioni che appartengono tanto all’Etiopia quanto alla tradizione mitteleuropea; grida di gioia la sezione di fiati scelta per l’occasione, raschia e accompagna la chitarra di Terrie Ex, la sezione ritmica è pari ad uno schiacciasassi lanciato a basse velocità e senza possibilità di fermarsi. Appaiono di volta in volta schegge misteriose di giungle e profili minacciosi (Eywat setenafegagn), canti di liberazione (Ethiopia hagere), sussulti corali (Almaz yeharerwa), grida punk funk (Tezalegn yetentu) e ombre noise (Musicawi silt). All’interno di tutto, il sax di Mekuria disegna la musica totale attraverso l’Africa e bagliori musulmani, vibra, slancia, rallenta e ruggisce, tant’è che GW Sok non riesce a trattenere un urlo a metà disco. Applausi a scena aperta, poco da fare.