Dream Theater – Systematic Chaos

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Se per Mike Portnoy è stato pesante sedersi nuovamente sul suo sgabello per confezionare un nuovo album, figuriamoci per noi quanto possa essere sfibrante fornirvene la cronaca. Parlare dei Dream Theater è diventato noioso, banale, proprio come inevitabilmente banali e noiosi sono i contenuti che vi presenterò; e non a causa di una mia mancanza ma piuttosto per una musica pachidermica che soffoca sotto la sua pesantezza. In altre parole è la loro stessa musica che ci spinge verso l’ovvietà. Essa ristagna. La storia ce lo insegna: il progressive sinfonico dei grandi ad un certo punto ristagna nelle sue stesse caratteristiche e laddove furono tentati sentieri di evoluzione estrema (pensate agli Yes di 90125 o ai Genesis di fine anni 70) i risultati sono spesso stati lontani dal soddisfare le nostre onestissime aspettative. E così l’ossimoro paradossale di questo caos sistematico non andrà contro questa legge che ormai ha della fisica empirica al suo interno se applicata a certi artisti come i Dream Theater. Il disco ci consegna una band che scimmiotta sé stessa e altri grandi del rock, neanche fossimo a goderci l’esilarante Jack Black in School of Rock part 2. L’esordio del disco non è neanche dei più tremendi, così in quasi 80 minuti di prog metal può capitare di riascoltare qualcosa di buono, il tutto contenuto nella prima parte di “In the presence of enemies”, con un John Petrucci che rispolvera il suo vecchio gusto per la melodia. Non male nemmeno la successiva “Forsaken”, poi ecco tornare i Dream Theater che avete amato od odiato negli ultimi 2/3 albums. Chitarrismo e tastierismo in unisoni esasperati, melodie che si sforzano di decollare, ma che per quel che mi riguarda ricadono subito a terra con tanto di tonfo di Coleridge-iana memoria. Serve che vada oltre nella descrizione? Sì, i Muse, ci sono pure loro, dando dunque continuità al nuovo, fantastico orizzonte d’ispirazione emerso nel disco precedente, così come i Metallica e i coretti à la Bohemian Rhapsody. 40 anni di musica rock, secondo le profezie di John P. & Mike P., incollata malamente in un solo cd. Cosa chiedere di più? La prosecuzione tematico-musicale di qualche saga iniziata in passato? C’è, tranquilli. Il dietro le quinte su bonus dvd? Su richiesta c’è anche quello e onestamente è la cosa più interessante (leggasi divertente) dell’opera, con tutti quei spassosissimi “It’s time to fucking rock”, roba che manco Jack Black oserebbe.
Ci risentiamo per il dvd live.