Mon-Keys – Mon-Keys

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Non sono mai stato fra coloro che condannano la musica di facile ascolto alla gogna così, senza nemmeno un appello, e anche per questo non capisco la necessità di raccontare una vecchia storia come quella del “a noi la musica piace TUTTA” per ingentilire chissà quale sofisticato arbitro di gara. Nella lettera di autointroduzione (già si presentano in terza persona, e vabbè…) i Mon-keys elencano una serie di esotiche influenze di genere, salvo poi sbugiardarle una ad una, man mano che l’ascolto procede: nei quattro pezzi di questo cd, personalmente, non sento traccia di jazz, né movenze reggae o latine. C’è tuttalpiù da parte della chitarra – ben manovrata da Claudio – un certo incedere funky che tira dietro di sé tutta la questione ritmica: per il resto la band rientra ampiamente nei ranghi di un pop rock energico e piuttosto immediato, con un lead-singing “elastico” tipico di certi giovani vocalist nostrani (Samuel dei Subsonica o Edda dei Ritmo tribale, per dirne un paio). Pop rock di discreta fattura, dicevamo, dal piglio grintoso (“Ragazzi che non ci assomigliano”) e persino con una certa potenzialità commerciale ( “rincorrersi su un’onda”). Avanti su questa strada i Mon-keys incontreranno un bivio: ripulire testi e strutture dalle ingenuità e decidere di far “crescere bene” la propria creatura, oppure accentuare il proprio giovanilismo e tentare il volo verso MTV e il suo rock paraculo: soltanto a loro l’ardua decisione.