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La bravura è un elemento fondamentale nella musica. Lo so, leggendo questa frase Lapalisse sarebbe fiero di me, però non riesco a non pensare che in mezzo a tanti gruppi che sgomitano più o meno bene, come una volata della Milano-Sanremo, la bravura faccia selezione. E i Nest sono in quel gruppo di ciclisti, dediti ad un genere che, sebbene in questo preciso non propriamente di moda (ma non che ciò sia un problema, anzi), oramai conta un infinito numero di band che lo propongono. Allora, la bravura fa selezione, e i Nest sono bravi e lo dimostrano al loro secondo lavoro, ‘Isn’t it?’, in un panorama tutto loro, in una pianura di sensazioni lasciate presagire, di immagini che affiorano a poco a poco, di emozioni precarie e fragili. La scelta quindi di includere negli arrangiamenti un violoncello (e in alcune parti un flauto) non stupisce, perché ciò rende il risultato ancora più affascinante. Così come affascinanti sono Sadie e How to build a kaleidoscope (entrambe in bilico fra dEUS e Giardini Di Mirò), oppure Knife (una sintesi perfetta tra Karate e Slint), la title track (la summa del rock anni ’90 trascinato nel mondo attuale), U.S. refrain (un tuffo al cuore in un tempestoso mare di riff e feedback), pezzi di classe e pieni di personalità.
Forse al gruppo fiorentino manca lo spunto vincente del grande campione, il colpo di reni che decreta la vittoria e l’esperienza per non farsi fregare in volata, ma sono una piccola promessa che a poco a poco sta diventando concreta. Diamo tempo al tempo.