Frankie Hi Nrg Mc – dePrimo Maggio

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Il Suo Nome è di quelli tanto citati, invocati, profanati, chiamati in causa a sproposito e nominati invano che non avremmo mai osato farne il termine per l’ennesimo paragone se la situazione non lo avesse imposto. Ma tant’è: lunedì 25 febbraio 2008, in occasione dell’esibizione di Frankie Hi Nrg, per la prima volta nella storia irrompe sul palco del Festival della Canzone Italiana lo spettro del più grande Autore di Canzoni Italiano. Richiamato da un fischio.

E non Morricone, non Sergio Leone si nascondevano dietro quel fischio, bensì il maestro Nicola Piovani: per la terza volta consecutiva al fianco del Faber, nel 1973 il musicista aveva contribuito a cesellare un formidabile mosaico di temi e tematiche, di motivi e motivazioni. “Storia di un Impiegato”, al crocevia fra la colonna sonora di un poliziottesco e quella dei vari mezzogiorni di fuoco, fotografava una generazione che credeva davvero che la Rivoluzione stesse lì, girato l’angolo.
Anche Frankie, appigliandosi allo stesso fischio, tenta di scattare un’istantanea al proprio tempo, ora che l’aria è satura come allora: si parte con i “Pugni In Tasca” e con le migliori intenzioni minatorie della missiva al “Direttore”. Ma già al terzo verso dell’estratto sanremese si viene a sapere che “non si fa la rivoluzione” perché “l’hanno detto in televisione” e per via dei soliti tengofamilismi all’italiana…E’ un peccato perché le ragioni erano tante e tutte valide, ma i pugni rimangono stretti e intascati, e si inaugura ufficialmente la parte involuta, ripiegata, “deprimente” dell’album. I riottosi mancati si sparpagliano e seguono i destini più disparati: c’è il teppistello di quartiere, c’è il precario che arrotonda come comparsa nei delitti di Stato, c’è l’uomo pericolosamente anonimo, c’è chi cerca di farsi giustizia da sé, e usa il Giocattolo che a suo tempo ci aveva già raccontato Giuliano Montaldo per far macelleria del proprio vicinato e magari per guadagnarsi un primo piano. E poi ci sono gli ospiti: già che autarchico non lo è più da un po’, Frankie chiama a raccolta compari e complici in un “unico coro di vibrante protesta”: da quel punk redento di Enrico Ruggeri si arriva all’insospettabile Giorgia, passando per una vecchia conoscenza come Paola Cortellesi (meno comica e più cantante) e trovando anche quell’altro irriducibile bolscevico di Celestini a monologare di neoschiavismo nei call center su una base beat.

A proposito di beat, “Call Center” è uno dei pochi brani a mantenere l’ortodossia old school cara al vecchio Hi nrg: proprio come il De Andrè che da paroliere si riscopriva musicista di concetto, Frankie decide che dare il Potere Alla Parola non basta più e che anche l’orecchio vuole la sua parte. Ragion per cui, se dopo un primo ascolto deciderete di rimettere sul piatto “dePrimo Maggio”, il merito questa volta non sarà tutto della solita lingua battente che ti lascia sfiatato dietro la seconda curva, ma anche di alcuni godibilissimi toni funky in marca Motown e di un’insistenza sui fiati che va ben oltre la collaborazione con il Roy Paci/Mariachi sul singolo.
Forse i Frenchisti radicali come il sottoscritto nutriranno qualche perplessità di fronte qualche patinatura di troppo, o ad un’ossessiva ricerca del refrain assassino che rischia di far invecchiare il disco prima di quando potrebbe: ma la nuova veste colorata del rapper è interessante e val bene un qualche episodio insipido. Così, malgrado la versione di Chicco e Spillo riveduta e corretta assieme all’autore lasci il tempo più o meno come lo ha trovato, rimaniamo comunque più che convinti di accordare fiducia a questa piccola Rivoluzione. Per quell’Altra, invece, ancora un po’ di pazienza: ci stiamo attrezzando…