Trivo – Emoterapia

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Trivo è un equilibrista coraggioso che ha deciso di camminare su una corda molto sottile, tesa sopra un abisso. E cammina con sicurezza, nonostante un’andatura a volte ballonzolante. Cammina elegantemente, col suo vestito colorato, facendosi beffe di tutti coloro che si ritrovano a guardarlo.
Trivo è un artigiano che nella sua cantina ha deciso di creare un’opera unica, vera, vitale, anche se ciò volesse dire dedicare a questo progetto tutta la vita.
Trivo è un musicista pugliese, pieno di fantasia e inventiva, pieno di talento e pazzia, che decide di mettere insieme le sue idee in un disco chiamato ‘Emoterapia’, come per dare una trasfusione alla vita e contemporaneamente alla musica di oggi. Come l’artigiano si mette d’impegno e le registrazioni avvengono dal 2002 al 2008, un tempo infinito, ma il risultato, dopo questo lungo lavoro completamente diy, ripaga di ogni sforzo. Come l’equilibrista cammina in bilico tra un genere e l’altro, senza mai cadere nella stupidità senza costrutto, nel patetico, nella noia. Cammina in un mondo fatto di tante voci, infiniti rumori e suoni aggrovigliati tra di loro e tanta buona musica che non vuole essere etichettata, è semplicemente fatta con passione, cervello: un’ottima capacità di arrivare intensamente al punto in pochi minuti (17 tracce in meno di 40 minuti, fate voi i conti) collegata ad una facilità di spiazzare l’ascoltatore. L’alternative noise rock di Ratio me fugit mi conquista subito, come l’elettronica (più o meno pop) di La disciplina delle fermentazioni, La cattiveria è enorme e Talking to van vera (in cui spunta… uno scacciapensieri?). Ottimo il cantautorato lo-fi di Ho un gatto nel cervello (miao!), Ho bisogno di qualcosa di cui non ho bisogno e delle bellissime Nero. Menzione speciale per Kisstarsky: qui c’è tanta classe, signori. Tutte le altre mini-tracce sono più che perfette nel disegnare i dettagli del mondo di Trivo. Non è facile fare un disco come ‘Emoterapia’, non è mai agevole fare ordine nel caos, sono più le volte che si sbaglia ricetta, ma qui è vittoria.