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Febbraio 2011 | Pschent.com | myspace.com/discodeine |
Synchronize (Feat. Jarvis Cocker)
Se l’elettronica francese vi evoca solo le atmosfere sognanti degli Air o la dance “french touch” dal retrogusto un po’ fighetto dei Phoenix, i Discodeine, con il loro omonimo disco d’esordio, vi mostreranno che oltralpe una terza via è possibile: lo si deve all’eclettismo musicale dei due componenti Pentilene & Pilooski, il primo coinvolto negli ultimi dieci anni in collaborazioni che spaziano dalla techno sperimentale dei (semisconosciuti) France Copland alle atmosfere più orchestrali degli Octet, l’altro da anni dedito al remixaggio e all’editing di pezzi non solo di artisti della scena elettronica contemporanea (Whomadewho, LCD Soundsystem) ma anche di “classici” del pop e non solo (Yello, Can, Morricone).
Il frutto del loro lavoro è un disco che è la ricerca di un equilibrio tra ritmo e ascolto, leggerezza e tensione, refrain minimali e atmosfere dal sapore vagamente dark. L’album infatti è abbastanza sfaccettato: ad esempio troviamo momenti con ritmi un po’ house, un po’ disco come Singular e Synchronize (con gradito ospite Jarvis Cocker nella parte vocal); sperimentazioni sonore come Falkenberg, che sembra il risultato di una session con una band di nativi polinesiani, passando per momenti dai suoni più acidi e ritmi più incalzanti come in Ring mutilation e Grace: la prima in particolare forse riuscirebbe a far scapocciare il pupazzone Flat Eric (chi se lo ricorda vince il premio “Nostalgia canaglia”), che tanto apprezzava il connazionale Mr. Oizo.
Il duo francese non manca di esplorare terreni più onirici, degni dei loro connazionali Air citati inizialmente: D-A, dove il ritmo rallenta notevolmente e il vocal di Baxter Dury distende notevolmente l’atmosfera, e Figures in a soundscape, nella quale un tappeto di synth dal gusto ambient sostiene diversi sample che si alternano sfumando nel corso del pezzo.
A questi fanno da contraltare due pezzi invece con un mood decisamente dark: Relapse, che sembra uscita da uno dei Ghosts dei Nine Inch Nails e Homo-compatible, che merita una menzione particolare. Qui il sound si incupisce nettamente, partendo con un intro in cui un sample si muove su un effetto di fondo che potrebbe essere la colonna sonora di una scena da thrillerone hollywoodiano, proseguendo con un ritmo costante di claps che sostiene poi suoni che sembrano usciti da un film di fantascienza anni 80 (e non mi riferisco certo ad ET).
Per quanto sia lodevole la volontà dei Discodeine di creare un sound (ma forse proprio un genere) conciliando due attitudini quasi opposte (lo sculettamento e l’ascolto), a mio avviso il disco manca di omogeneità, sia nella successione dei brani sia negli stili stessi, che per quanto nell’esperienza complessiva di ascolto non stonino, sono in certi casi troppo differenti per coesistere all’interno di uno stesso album.
Tuttavia i ragazzi hanno talento e frequentano buone compagnie: sicuramente riusciranno a superare questo limite nei prossimi lavori.