Teho Teardo: “Che arte sarebbe senza vita?”

Arte come rappresentazione della vita, sperimentazione e drammaturgia sonora che si fondono a musica, cinema e teatro: il tutto vissuto a 360 gradi con una finestra sempre dischiusa sul tempo. È questa l’anima di Teho Teardo che dall’esperienza tutta anni Novanta dei Meathead, passando per le colonne sonore di film come Il Divo e Diaz (per citarne solo alcuni), numerose collaborazioni fra cui Lydia Lunch, Jim Coleman (Cop Shoot Cop) e Mike Harris (Napalm Death), la carriera solista, l’album Music For Wilder Mann, fino ad arrivare alla realizzazione del disco Still Smiling assieme a Blixa Bargeld ha da sempre costruito uno stile intenso e personale, facendo propria l’idea di evoluzione e cambiamento. Teho Teardo ci ha aperto le porte del suo mondo attraverso suoni, immagini e parole..

teardo 3
Da quale idea fondante nasce un album come Still Smilinge quali sensazioni, anche e soprattutto personali, sono scaturite da questa collaborazione con Blixa Bargeld e sono contenute al suo interno?
Still Smiling è un album di canzoni. Avevamo voglia di farlo ed eccolo qui. Per me è stato come trovare una voce dopo anni di dischi strumentali, l’ultimo dei quali è stato Music For Wilder Mann, uscito a gennaio 2013.

Come è nata la scelta di inserire questa commistione linguistica di italiano, inglese e tedesco?
Blixa ha subito voluto includere queste tre lingue che ci riguardano direttamente, nella vita di tutti i giorni.

Il violoncello di Martina Bertoni, gli archi del Balanescu Quartet mescolati a sottili trame elettroniche. In che modo prende forma e avviene questa fusione di suoni?
Spesso comincio a scrivere partendo da pochi strumenti: i violoncello, la chitarra, il piano.
Comincio da lì. Poi tutto si sviluppa come quando si deve risolvere un problema, cercando soluzioni, nuovi equilibri.

Il precedente Music for Wilder Mann era in un certo senso legato all’idea di un’esistenza selvaggia, Still Smiling potrebbe invece rappresentare l’altro lato della medaglia, quella più introspettiva e intima?
No, sono entrambi due album che si muovono intimamente. Dentro di noi c’è molto, dal lato selvaggio e dirompente a quello meditativo. Il personale, in quanto tale è anche politico.

Blixa-Bargeld-Theo-2012-RABSCH-4356_main_page_display-460x306

Andando a scoprire e “scardinare” un po’ dall’interno i significati testuali e musicali dei singoli brani di Still Smiling in che modo è stato pensato un brano come Mi Scusi?
Ci piaceva l’idea di iniziare l’album con un brano come Mi Scusi, dove veniva chiesto perdono per l’italiano con un accento troppo marcato. Dopo le scuse iniziali ci pareva anche che tutto fosse concesso e ci siam concessi di tutto.

E le “foresta di antenne” del brano Come Up And See Me da quale riflessione prendono corpo?
Blixa soggiornava in un hotel di fronte al mio studio, all’esquilino. Da lì si vedono i tetti dei palazzi con la foresta di antenne che l’inciviltà romana lascia sul tetto anche quando non servono più. Anche vista dall’alto Roma ha qualcosa della città del terzo mondo, pur nel suo splendore.

Di Defenestrazioni invece cosa mi dici?
E’ stato curioso constatare come sia il testo di Blixa che la mia musica fossero entrambi idee che avevamo pensato tanti anni prima. La struttura originaria del brano risale al 1997. Mettere insieme i due è stato talmente spontaneo che sembra che il brano sia stato scritto stamane.

Come avete deciso di inserire la cover dei Tiger Lillies, Alone With The Moon?
Si eseguono delle canzoni altrui per liberarsene dopo che le hai avute dentro a lungo. Una liberazione.

Dagli anni Novanta agli anni Zero..dall’industrial alla composizione di colonne sonore, passando per diverse “derive” musicali. Come e perché si sono verificati questi repentini cambi di rotta?
Perché chi fa la stessa cosa in eterno mi annoia da morire. Perché non riuscirei a pensare una vita senza evoluzioni, priva cambiamenti. Che me ne farei della stessa musica in eterno? Cambio in continuazione e la mia musica cambia con me.

index
E come nasce invece l’esperienza dell’etichetta Specula Records?
E’ una realtà minuscola che porto avanti con Elisabetta, mia moglie. L’abbiamo costruita per dare un luogo comune alla mia musica, per pubblicare i dischi in un momento in cui la discografia sta collassando. Le case discografiche sono quasi tutte scomparse, dissolte nel mancato rapporto con la rete e in altri drammi logistici e finanziari che loro stesse hanno contribuito a creare. Mentre parliamo c’è sicuramente qualcuno in qualche major che viene licenziato.

La musica che si fonde ad altri ambiti come il cinema, la fotografia, la letteratura e il teatro, sembra essere una componente fondamentale del tuo percorso. Cosa, in termini di emozioni e sensazioni, genera in te?
Cerco di aprire delle porte tra ambiti diversi tra loro, ma non per questo impossibilitati nel trovare un contatto. La musica attraversa il cinema e la fotografia attraverso il suono. Ed io sono lì, nel suono e lì cerco commozione, cerco intimità. Faccio quel che mi passa per la testa.

Cosa significa per te la parola sperimentazione?
Dire una volta una cosa. Alla seconda non è più sperimentazione, ma ripetizione, esecuzione e da lì il rischio che diventi intrattenimento è prossimo. Per dire qualcosa una sola volta serve autorità.

E invece qual è la tua idea del tempo?
Ho uno strano rapporto con il tempo, mi sembra passi sempre troppo velocemente. Lo vedo nei miei figli che crescono ad altre velocità. La velocità del tempo mi spaventa. Non perché si invecchia, ma perché poi tutto finisce, ma nel frattempo cerco di godermi la vita più che posso.

Che rapporto c’è tra le tue colonne sonore e le immagini dei film che vai a rappresentare in musica? Si può parlare di un cammino inteso come drammaturgia sonora?
Il rapporto è talmente complesso che non riesco a sintetizzarlo qui, posso solamente dire che parte dal testo, dalla sceneggiatura e poi, attraverso il suono, incontra le immagini per far sì che il risultato finale possa chiamarsi film e non immagini con la musica di contorno. Certo, è un cammino di drammaturgia sonora, non uso le parole, ma i suoni e le note che cerco di organizzare nelle tappe di un racconto.

Cosa ne pensi di un premio, spesso controverso, come quello dei David di Donatello?
Se sei il diretto interessato i premi non si commentano, si accettano o si rifiutano. Io l’ho accettato per Il Divo ed ho anche accettato con piacere le numerose candidature. Considerando la natura della mia musica e i progetti a cui ho lavorato, penso sia piuttosto singolare stringere la mano al Presidente della Repubblica che mi fa i complimenti per aver realizzato le musiche di un film come Diaz. Ho pensato che incontrarlo anche per quel film è stato come riconsegnargli in mano la ferita della Diaz. Nell’ufficialità dell’Accademia un riconoscimento al mio lavoro che è tutto tranne che tradizionale può far solo piacere. Fa anche sperare che ci siano orecchie leggermente aperte verso qualcosa che non sia allineato con la solita minestra precotta che si sente troppo spesso al cinema. Però l’Italia è un paese vecchio decrepito e quindi anche i premi spesso lo rappresentano.

Secondo te il cinema e la musica in Italia hanno ancora la possibilità di essere in un certo senso significativi e riuscire a lasciare il segno?
Sì. Bisognerebbe uscissero più bei film, ogni anno i film belli sono sempre pochi. Sprechiamo energie in sciocchezze, produciamo commediole idiote che non riescono mai ad uscire dal paese. Film come Il Divo, Gomorra, Diaz hanno fatto il giro del mondo, non certo le commedie sciocche che non lasciano traccia, spesso nemmeno al botteghino. Dovremmo riuscire a parlar di questo paese in questo momento di difficoltà, trovare il modo per raccontarci. Ci deve essere un modo. L’arretratezza dell’Italia forse si percepisce più nella musica che al cinema. Il nostro è un paese che continua a guardare se stesso senza captare le dinamiche che si muovono altrove nel mondo. Abbiamo una scena musicale che chiamiamo alternativa, anche se non ho mai saputo a cosa fosse alternativa, che ambisce al mainstream degli stadi, tanti vorrebbero essere delle popstar ma per evidenti limiti artistici rimangono ancora confinati nell’underground. Se si riuscisse a riordinare un po’ le cose spostando tanta di quella roba altrove, forse l’underground respirerebbe di più, potrebbe svecchiarsi e respirare. Ecco, manca l’aria.
teho 2
L’arte, la musica, e Still Smiling potrebbe esserne forse un esempio molto calzante, possono secondo te riuscire a rappresentare la vita stessa?
Che arte sarebbe senza vita? Forse quella impregnata di cadaverina che frequenta molti ambiti ufficiali del nostro paese, ma fortunatamente c’è anche molto altro di interessante che continua a muoversi. Io lo vedo, lo sento, lo ascolto. C’è talmente tanta vita in mezza pagina di certi libri o in pochi secondi di alcuni dischi che sono sempre ottimista.