Thom Yorke – Tomorrow’s Modern Boxes

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Difficile che qualcuno di voi non si sia fatto già un’idea personale su Tomorrow’s Modern Boxes, l’ultima uscita solista di Thom Yorke, magari anche solo ascoltandola su YouTube, sulla cui piattaforma qualcuno l’avrà caricata pochi minuti dopo il rilascio. E devo dire che se siete di questa schiera, considerato già il disinteresse per la materia che quel tipo di fruizione comporta, l’idea di non capirci una fava e di andarsene via infastiditi è dietro l’angolo. Se siete invece dello zoccolo duro, gli hardcore fan dei Radiohead e quindi di Thom Yorke, nonché – e le due cose non sono consequenziali, anzi – possessori di un telefono cellulare che non mandi solamente sms (o di un tablet), la storia dell’ascolto di questo disco incominciava il 2 settembre, quando un tweet di Nigel Godrich avvertiva di aggiornare Polyfauna, l’applicazione interattiva gratuita dei Radiohead, aggiungendo con un minimo di pudore: “se ce l’avete”.

Chi aggiornava poteva fluttuare attraverso questi nuovi ambienti 3d disegnati da Stanley Donwood, ascoltando 8 tracce quasi strumentali indite, le stesse 8 tracce che compaiono qui su questo disco. Con una differenza sostanziale: che là le linee vocali di Thom Yorke erano completamente inintelligibili, manifestandosi solo a sprazzi qualora si scoppiassero poligoni capaci di disperdersi nell’etere come fumogeni, oppure erano voci in lontananza, appena sussurrate nell’orecchio di chi avesse avuto l’accortezza di indossare un paio di cuffie. Poi una serie di strane foto e di allusioni misero in fibrillazione la rete, e pochi giorni dopo, come di consueto quasi ‘a sorpresa’, l’annuncio: quel disco si poteva scaricare a pagamento in formato Mp3 via BitTorrent o acquistare in vinile da un minisito dedicato, e sì, il titolo era Tomorrow’s Modern Boxes.

Trattandosi di un disco di Thom Yorke (uscito peraltro un paio di giorni fa) una recensione finirebbe per essere: 1 superflua e 2 affrettata. Ci limiteremo quindi a fare alcune semplici riflessioni. Il disco è sensibilmente diviso in due parti, il che sembrerebbe un’affermazione lapalissiana, se non fosse davvero così: abbiamo un lato A che consta maggiormente di “canzoni” a fronte di un lato B che accentua una componente sonora più astratta. Tra le quattro tracce del lato A spiccano senza dubbio due canzoni, e la parola è usata di proposito: Il singolo ‘A Brain In A Bottle’,  una pulsazione digitale stile ‘The Gloaming’ su cui si installa un beat poderoso di drum machine e una linea vocale deliziosa con tanto di falsetto atteso – ma che non prevede alcuno scioglimento in una struttura classicamente dotata di ritornello – e ‘Interference’, un brano splendido nella sua componente melodica, forse, e dico forse, un po’ penalizzato in questa veste – e non ci metto la mano sul fuoco, ma credo che da qualche parte un fan o due si stiano interrogando su come un brano del genere avrebbe potuto suonare stellare nelle mani del progetto principale, i Radiohead. Per il brano numero 3, ‘The Mother Lode‘ credo ci sia bisogno di qualche ascolto in più per coglierne appieno la caratura, mentre la seconda traccia, ‘Guess Again!‘ appare come un’occasione non colta appieno, quasi un delicato abbozzo.

E a dirla tutta, arrivati a questo punto, il nostro di “canzoni” ne ha scritte di migliori. E non solamente e ovviamente coi Radiohead, ma anche molto più semplicemente nel precedente lavoro solista The Eraser. Nonostante i beat scoppiettanti e i frammenti di loop analogici, là vi era una sequela di canzoni da urlo, una bomba dietro l’altra, senza tregua, strutture-canzone memorabili, e diciamo la verità, splendide. Ma forse qui incominciamo a intravedere un po’ di luce e a capire che l’errore più grave che si può commettere con questo ultimo Tomorrow’s Modern Boxes è quello di giudicarlo usando come pietra di paragone il precedente lavoro a firma Thom Yorke, The Eraser, quando invece va considerato come un lavoro a se stante, dotato della sua peculiarità. E la sua peculiarità è quella di essere un lavoro costruito per soddisfare più un pubblico da club (di quello pur sempre informato ed esigente), rispetto a una platea ancora legata al concetto di “canzone”.

Da questo punto di vista siamo più dalle parti di The King Of Limbs: groove e atmosfere piuttosto che canzoni, beat e paesaggi sonori piuttosto che memorabili melodie. La storia potrebbe iniziare da Thom Yorke che fa il DJ al Lemon Grove, un piccolo club di Exeter, o da quando Jonny voleva ascoltare in santa pace i Pale Saints, mentre Thom arrivava e attaccava la sua techno belga “orrenda”: era l’epoca Pablo Honey, e ancora prima. E d’altronde sono 15 anni che Thom ci dice che le canzoni ABAB gli hanno francamente rotto i coglioni, che gli inni e le canzoni memorabili da brividino dietro la schiena proprio non le sopporta più. Solo che poi – nonostante avesse fatto rizzare i capelli non certo a pochi ascoltatori con KidA – lontano dalle canzoni proprio non ci riusciva a stare, e sia quel disco, che quello successivo, che quello dopo ancora, che In Rainbows, che il suo primo solista ne avevano un boato di canzoni, di canzoni vere e proprie, nonostante le apparenze.

Poi con ‘Il Re dei Rami’ le cose cominciano a cambiare. Che il vecchio Thom desideri incarnare a 46 anni il dj che i tipi della Parlophone non gli hanno permesso di essere? Forse. E a questo punto, secondo un mio personalissimo parere, la seconda parte del qui presente album, ovvero il lato B, è quella che davvero vale il prezzo del biglietto. A partire dalla lunghissima ‘There Is No Ice (For My Drink)‘ che si fonde in una sorta di suite con il brano successivo, ‘Pink Section‘, una specie di ‘Pyramid Song‘ in veste digitale – perché è qui Thom ci prova davvero, a far “ballare” intendo. Per poi peraltro uscire, adesso sì, sulle note di una canzone splendida, un’elegia per il mondo moderno, la vera regina del disco: ‘Nose Grows Some’. Arriva dopo 9 minuti e 35 di beat digitale, ed è in questo contrasto che l’esperienza vale ogni minuto, ed è lì che ritrovi il vero Thom Yorke. Ora però c’è bisogno di un disco dei Radiohead che venga a scompaginare le carte, please.

[schema type=”review” name=”Thom Yorke – Tomorrow’s Modern Boxes” author=”Emanuele Binelli” user_review=”4″ min_review=”1″ max_review=”5″ ]