Lillies And Remains – Romanticism

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Si chiamano Lillies and Remains e suonano come se fosse il 1980. Semisconosciuti al di qua degli Urali, riscuotono invece un più che meritato successo tra gli udergrounders nipponici. Attivi dal 2007, ruotano attorno alla figura di Kent, leader e voce della band.

Quando ero a scuola, presi in prestito un disco da un amico. Era un disco dei New Order: da quel momento, ho iniziato ad essere ossessionato dalla New Wave.

E’ proprio al college che si incontrano i componenti originari della band. Stessa passione per la musica, un’ossessione per il made in UK, ed i Neils Children a fare da collante: le premesse sono di per sé una garanzia. Maki Fujii produttore (Soft Ballet, scusate se è poco) anche.

E se permangono dei dubbi, basta guardarli. I video in bianco e nero. Le proiezioni optical in background. Occhiale scuro apparentemente inutile – ma portato con l’attitudine del divo. Il tutto condito con una strafottenza post-punk a là Bauhaus di “She’s in parties”. Il Giappone wave che non ti aspetti, niente a che vedere con quel jpop patinato da boyband né con le esagerazioni kitsch da visual kei.

Romanticism, terzo full length dopo l’album di cover del 2012, spazia dal post-punk più tagliente verso certa malinconia pop melodica. La band ridotta all’osso – con solo due dei quattro componenti originari – continua a non sbagliare un colpo. Del resto, stando ad una certa tradizione wave, la formazione a due è quella perfetta: gli altri componenti non sono altro che estensioni di re Kent – come lui stesso afferma in  “Lillies and Remains is a way to express myself”.

Il disco si caratterizza per la combinazione armoniosa di tracce dal sapore spiccatamente Dark, a partire dal prorompente post punk di “Body”: ritmo febbricitante a là Killing Joke, e cantato nello stile del miglior Dave Gahan “body waste my time” – un vero inno nichilista degno dei loro padri spirituali Ndr – ad altre che profumano di Echo and The BunnymenGo Back.

Il registro subisce tantissimo il fascino della band di Ric Ocasek (Cars) fino a This City: dove i nostri riprendono in mano le chitarre come fossero coltelli e piazzano un ultimo, assestato fendente.

Si chiamano Lillies and Remains – come una canzone dei Bauhaus – e suonano come se fosse il 1980. E ora che li avete conosciuti anche al di qua degli Urali, non avete più scuse per non recuperare tutta la discografia, e sperare vivamente che a breve si ampli.
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