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29 settembre 2014 | Apocalyptic Vision | soporaeternus.de |
Chi conosce Sopor Aeternus da sempre, è ben conscio del percorso stilistico intrapreso negli anni (quasi venti) da Anna-Varney Cantodea. Da una cupissima ombra di malsana, ma evocativa darkwave di stampo dead-can-danciano, il sound della Cantodea si è affiancato a diversi sentori medioevali, avvalendosi di una vasta gamma di strumentazione (flauto, oboe, violini, spinetta); dando vita ad una vera e propria orchestra che si concretizzerà artisticamente in una vetta artistica – a mio personale avviso – mai più raggiunta dall’estroversa personalità di Anna-Varney.
La trilogia sulla morte degli amanti (con i due omonimi album del ’99 e il terzo capitolo, vicino per somiglianza artistica, targato 2000), culminava in quella ricchezza iconografica fatta di ambigue tematiche sessuali (non si esplicita mai il sesso dell’amante in oggetto), espressa attraverso una delicata morbosità a cavallo fra amore e morte: identità transgender, esplorazione del mondo dei morti, elaborazioni della fase del lutto, numerologia e occulte mitografie sui domicili di Giove, Saturno e Plutone.
Dopo un confuso periodo nel quale sono stati assorbiti synth ed elettronica, si è verificata una vera e propria rinascita stilistica nel cosmo di Sopor Aeternus con il recente “trittico dei fantasmi” (gli EP che vanno dal 2010 al 2011). In essi, l’artista tedesca ha deciso di mettere da parte le urla stregonesce e le pulsazioni neo-gothic, per tornare a cantare e raccontare malinconiche nènie accompagnate dalla ricchezza dell’Ensemble of Shadows (collettivo ombroso che si occupa da anni di reinterpretare le idee dell’artista con strumenti classici).
Mitternacht rappresenta un ulteriore passo verso le ombre degli anni gloriosi. Anna-Varney non ha più bisogno di illustrare la torva disperazione di Dead Lovers’ Sarabande o i conflitti sessuali di Songs from the Inverted Womb; in questi anni ha costruito un percorso di accettazione e appartenenza nel quale mettere in assetto un panorama di fragili convivenze con tutti i propri fantasmi. I suoi racconti sono più quieti, quasi calmi; i dolci pizzichi del violino in “Beautiful” richiamano le melodie di “Tales from the Inverted Womb” e le dolci ballate (sempre notturne) di “Under his Light” proiettano l’ascoltatore in una dimensione onirica, enfatizzata anche dal theremin.
L’artista accarezza tutte le sue ombre, parla a esse con voce strozzata ma ormai decisa e rassicurante: i singhiozzi e le lacrime del passato sono ormai un ricordo. I canti notturni si arricchiscono con “La Prima Vez” (brano popolare ebraico sefardita) grazie al suo melodico ma drammatico pendant, e “You Cannot Make Him Love You”, entrambi accompagnati da clavicembalo e spinetta. Anna-Varney tenta di essere la mediatrice di questi labili confini/conflitti: a volte utilizzando le maniere forti, altre lasciando riemergere i propri tristi ricordi. I violoncelli di “The Boy Has Built a Catacomb” appesantiscono l’aria, collegandosi idealmente ad “Across the Bridge” mentre “If You Could Only Read My Mind” ricordano i fraseggi di “On Satur(n)days we used to sleep”. Audace, ma ben centrata la cover di Chèr e Sonny Bono, “Bang-Bang“; coerentissima reinterpretazione di “Into the Light” di David Lynch e Angelo Badalamenti, dal cult Twin Peaks.
L’altissima qualità compositiva di Sopor Aeternus riversa in Mitternacht il fulcro perfetto di questo nuovo ritorno al passato, oscura musica da camera in chiave pop; un morbido mix medieval-barocco, senza mai dimenticare le proprie origini.
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