Waterboys – Modern Blues

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Per quanto riguarda i Waterboys, ricordo come fosse ieri il momento esatto in cui li ascoltai per la prima volta. Anno di grazia 1985, negozio “Way in” di Latina, davanti a me due dischi stupendi: Jesus & Mary ChainPsychocandy” e WaterboysThis is the sea”. Li acquistai entrambi e rimasi scioccato. Per poi scoprire che nel caso dei Waterboys, sarebbe stato corretto parlare di “gruppo” soltanto per i primi 4 lavori, visto che in seguito il progetto ruotò tutto intorno al leader Mike Scott.

Dopo una carriera trentennale, la band – tra luci ed ombre – arriva ai giorni nostri ritrovando lo smalto dei bei tempi andati. Chiariamolo subito “Modern Blues” è un bel disco. Possiede il sapore del classico, e punta forte su di una ritrovata ispirazione, qui sostenuta da una scrittura superiore alla media di ciò che ultimamente si ascolta. Detto questo il nostro Mike Scott decide di smarcarsi decisamente dal Folk tipicamente britannico che aveva contraddistinto i suoi primi lavori –  “This is the sea” ma anche il sottovalutato ”A Pagan Place” e l’osannato dalla critica “Fishermann Blues” – dove i riferimenti a Van Morrison erano non solo evidenti ma addirittura espressi (Con la stupenda cover di Sweet Think), verso un sound che poggia i suoi riferimenti oltreoceano.

Il classic rock a stelle e strisce qui la fa da padrone. Lo si evince fin da subito con il poker di brani iniziale. Destinies Entwined (forse la più bella del disco) mantiene vivo un glorioso passato rievocando quella carica emotiva legata ad episodi come “Don’t Bang the drum” – da “This Is The Sea”. “November tale” mette l’accento sugli arrangiamenti, mentre “Still A Freak” pecca forse solamente di pomposità. Accenti Dylaniani fanno capolino sul tributo ad Elvis “I can see Elvis” in cui il nostro esprime tutta la sua visione della faccenda:

Io posso vedere Elvis discutere di filosofia e diritto con Giovanna D’Arco e Platone, posso vedere Elvis fumare uno spinello appena arrotolato con Hendrix, Dean e Marley

Il resto del disco si mantiene su livelli compositivi molto buoni, rimanendo a cavallo fra ZZ TopRosalind” e Springsteen “Long Strange Golden Road”  – con un assolo finale da brividi. Sfoderando una “Nearest Thing To Hip” che non sfigurerebbe in  “The Wild The Innocent and the & Street Shuffle” il secondo disco del Boss. Una sorpresa molto gradita.