God Damn: il video della title-track “Vultures”

 A POCHI GIORNI DALL’USCITA DELL’ESORDIO VULTURES, PUBBLICATO IL 12 MAGGIO PER ONE LITTLE INDIAN RECORDS/AUDIOGLOBE, IL DUO GRUNGE-METAL-POST PUNK PIU’ RUMOROSO D’INGHILTERRA PUBBLICA IL VIDEO DELLA TITLE-TRACK VULTURES, UN OMAGGIO AGLI ANNI ’90 (nel video sono citati i clip, ormai dei veri e propri classici della MTV Generation ‘90, di Black Hole Sun dei Soundgarden e Rape Me dei Nirvana) TALMENTE BRUTTO E LO-FI QUANTO SGRADEVOLE E PACCHIANO DA DIVENTARE MERAVIGLIOSAMENTE GENIALE… 

DIRETTO DAL COLLETTIVO YOUTH HYMNS, GIA’ AL LAVORO SUGLI ULTIMI VIDEOCLIP DEGLI SLAVES E CARATTERIZZATO DA UN’ESPRESSIVITA’ OLD STYLE VISCERALE E MORBOSA, IL VIDEO DI VULTURES RICHIAMA L’ESTETICA TANTO AMATA NEGLI ANNI ’90 DAI NIRVANA DI HEART-SHAPED BOX E DAI SOUNDGARDEN DI BLACK HOLE SUN, TRA COLORI PSICHEDELICI E VISUAL VOLUTAMENTE GROSSOLANI

TRA LE BAND PIU’ ATTESE DEL 2015, GOD DAMN SI STANNO IMPONENDO COME UNA DELLE REALTA’ PIU’ INTERESSANTI DELLA SCENA ALTERNATIVE BRITANNICA, DISTINGUENDOSI GRAZIE ALLA POTENZA DEL PROPRIO SOUND ENERGICO ED IMMEDIATO

 

Esploso come una bomba nella scena rock britannica, il duo di Wolverhampton (West Midlands) God Damn ha passato gli ultimi tre anni a stravolgere il pubblico con l’impetuosità del suo sound. Con il 2015 arriva finalmente l’atteso debutto discografico con l’album Vultures, uscito il 12 maggio per One Little Indian Records.

Vultures è un esordio stravolgente, un mix da capogiro di chitarre pungenti, linee vocali che disintegrano i polmoni e ritmi che corrono come cavalli selvatici: la musica di God Damn appare brusca e brutale, come suggerisce lo stesso nome della band. Un’imprecazione, un blasfemo affronto verso Colui che sta sopra di noi, un nome da masticare e sputare per terra come un grumo. Eppure, in Vultures c’è molto di più rispetto a questa apparente retorica, al machismo ed alle spacconate: ci sono sfumature e melodie, obiettivi e significati, intenzioni sincere. Vultures racchiude un universo di suoni, dal melodico e beffardo inno Silver Spooned all’oscura psichedelia di We Don’t Like You, fino agli inaspettati, palpitanti nove minuti di fangosa epicità lo-fi di Skeleton. Secondo le parole del chitarrista e cantante Thom, “l’album esplora tematiche come egocentrismo, anticapitalismo, smarrimento. Essere arrabbiati e graffianti va bene, ma non puoi farlo sempre altrimenti impazzisci. È importante scrivere canzoni sempre diverse. Siamo una band rumorosa – probabilmente la più rumorosa d’Inghilterra al momento – ma non puoi essere solo forza senza un tocco più leggero, le dinamiche sono importanti”.

God Damn si collocano all’interno scena alternative rock rappresentata da band come The Jesus Lizard, The Pixies ed i primi Nirvana, subendo tuttavia anche l’influenza di artisti decisamente meno scontati, tra cui spiccano Portishead, Tom Waits, The Mars Volta e Neutral Milk Hotel. Dal punto di vista stilistico si ispirano inoltre a figure i cui cognomi da soli già riportano alla mente sonorità epocali: Cash, Hendrix, Page, Bonham, Homme. Grazie ad una prima serie di concerti che li ha portati a condividere il palco con Slaves, Funeral For A Friend, Eagulls, The Wytches, Hawk Eyes, Turbowolf e molti altri, hanno attirato l’attenzione di One Little Indian e cominciato a lavorare sull’album d’esordio Vultures.

La formazione di God Damn li ha portati per natura ad essere paragonati a Slaves e Royal Blood, eppure in realtà è difficile accostarli a qualsiasi altro duo già esistente: non a caso, si sono sempre auto-definiti “una band”. Vultures ne è la prova: un debutto con cui God Damn hanno scelto i colori della propria bandiera, per poi dargli subito fuoco.

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