Midas Fall – The Menagerie Inside

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Era il 2009 quando il Dj britannico Tom Robinson decise che la sigla del suo programma alla BBC doveva indossare le note di “Century”, un brano d’impatto a 360 gradi, ignoto, rock, accattivante, tra venature trip-hop e una voce suadente di difficile catalogazione temporale.

Questo fu il fortunato esordio dei Midas Fall, scozzesi di origine e di base a Manchester, capitanati dal chitarrista e pianista Rowan Burn e dalla voce di Elisabeth Heaton. Pochi mesi di passaggi radiofonici e la Monotreme Records (65daysofstatic, This Will Destroy You, Reigns) prese in custodia le vicende del quintetto d’oltremanica giunto oggi al terzo album “The Menegerie Inside”.

Siamo nella più classica delle sceneggiature a sfondo gotico incensurato, un connubio di rock progressivo, di musica classica e tanto pop commovente. Il ruolo da interprete spetta all’estensione vocale di Elisabeth Heaton, una gemma malinconico-teatrale, che non lesina growl a squarciagola ma con una costante dedizione scolastica. La band ha consumato buona parte della propria carriera sui palchi, riscuotendo un successo internazionale, così ha deciso di affrontare la registrazione di questo lavoro dal vivo in studio, affidando la masterizzazione a uno dei più grandi ingegneri del suono, Ed Brooks (Pearl Jam, Caspian).

Il risultato è comunque discutibile: l’album è solido, ma tradito dalla stessa scelta produttiva. La voce di Elisabeth impera su una timida texture di accordi, ma destinata a svanire ogni qualvolta le irruenze elettriche indichino la via verso il refrain. Purtroppo, appena si spostanoi i riflettori dalla linea vocale, le chitarre appaiono pesantemente in ritardo e la voce coadiuvata solo da qualche beat elettronico.

The Menegerie Inside” è un disco fin troppo saturo, che farà emozionare i più giovani e fragili sognatori del rock reduci dal tifone Evanescence; effimero ed ingannevole calmante per i nostalgici che hanno perso la fede dal giorno dei miracoli dei Cocteau Twins.