Julia Holter – Have You In My Wilderness

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L’universo musicale di Julia Holter ha da sempre evocato mondi altri, emisferi sospesi, storie di sperimentazione spesso irraggiungibili già a partire dagli incantesimi di Ekstasis. Con Have You In My Wilderness, uscito a due anni di distanza da Loud City Song, questo mondo sembra essere assimilato a una delicata esperienza trascendentale in assenza di gravità, un fluttuare perenne e piacevole tra vaste distese marine.

Have You In My Wilderness è infatti un oceano sonoro sterminato, pregno di spazialità ritmica, che abbraccia visioni antiche e anime contemporanee. L’avant garde danza con l’art-pop e con atmosfere jazzy, mentre il tessuto strumentale più propriamente classico, tra clavicembalo, archi, fiati, percussioni e pianoforti, volteggia con field recording ed elettronica, ampliando ulteriormente la dimensione intima del songwriting e lasciando emergere la purezza vocale.

Il mistero di questo album si esplica nelle emozioni che disorientano, nel sound limpido e maturo, reso ancor più profondo e pregnante dalla produzione di Cole M. Grief-Neill, nella mitologia del suono che si apre al moderno, in una semplicità celata nell’elaborata veste sonora che avvolge la melodia più tradizionale.

In questo album c’è la delicata leggerezza corale (Feel You), gli astrattismi (Silhouette) e la solennità orchestrale e profonda (How Long?). Ci sono le ibridazioni sonore (Lucette Stranded On The Island) e le visioni giocose (Sea Calls Me Home), le arcane oscurità (Night Song) e le allucinazioni jazz (Vasquez).

Have You In My Wilderness è un album dal suono puro e unico. È come un mondo onirico fatto di specchi che proiettano rarefazioni senza tempo e quotidianità; è un altrove indefinito nel quale l’esoterismo musicale è spirito senza fine, pensiero post-moderno nobile e magia elegante degli opposti.