Deafheaven – New Bermuda

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Sulla scia degli accattivanti contenuti di Sunbather, la band californiana è riuscita a scalfire inaspettatamente l’elitarismo che da sempre accompagna le sonorità metal, rendendole forse più accessibili all’ascolto – grazie alle grondanti liquefazioni shoegaze e post-rock in cui il disco confluiva. Senz’altro, l’azione critica sponsorizzata dagli hipsterismi di Pitchfork ha giocato un ruolo fondamentale sulla vicenda. Nel tentativo di allontanarli da un contesto così estremo (in cui peraltro si collocano solo in parte), ha contribuito ad alimentare il clamore attorno al gruppo fuori e dentro la comunità dei fedelissimi al genere. L’escamotage del forcone rosso è palpabile sulla presa diretta, all’interno dei circuiti internazionali in cui la band offre i suoi concerti. Stretti nella morsa claustrofobica dei risvoltini, i baffetti da sparviero e i cappellini alla Fausto Coppi. Insomma, luoghi dove le bordate intimidatorie dei Deafheaven assumono connotati inverosimili, sebbene vengano in parte giustificati dai momenti in cui le trame diventano meno ostili per un pubblico che di metal al massimo ha la montatura dei Ray-Ban.

New Bermuda smorza l’accanita brutalità dei riffing serrati di Kerry McCoy, e lo sbraitare angosciante quanto indecifrabile di George Clarke, facendo ricorso a lunghe intro prog-rock e intermezzi di piano ammalianti. Una chiave di lettura differente all’impenetrabilità delle parti metal che rivestono ‘Brought the Water’ e ‘Luna’. Paralizzando il vorticoso flusso di chitarre e l’implacabile urgenza del drumming, con il riconciliante e beato rinnovamento slowcoreBaby Blue’ che trattiene l’additiva ferocia strumentale almeno per qualche minuto. Le ultime due tracce – ‘Come Back’ e ‘Gifts from the Earth’ – continuano ad azzerare la salivazione del frontman, malgrado l’evaporazione ambientale post-rock assuma una dinamicità gratificante.

Le pareti metalliche stavolta vengono rese più permeabili da un’elaborazione distinta – ad ogni modo vincolata all’addizione che alimentava l’ira del suo antecessore – riconfermando la destrezza con la quale i Deafheaven possano cimentarsi in deviazioni stilistiche, alternando gli assalti feroci ai momenti di delicatezza.