Diamanda Galás @ Teatro Auditorium Manzoni [Bologna, 11 marzo 2016]

diamanda galas

Attitudine e visual
Diamanda Galás rappresenta la naturalezza vocale come forma più sublime di eclettismo. È la voce che diventa strumento di limpida perfezione, organo atto a veicolare sensazioni ed emozioni che nascono dalla notte più profonda per trasformarsi in stelle lucenti di sperimentazione. È l’oscurità che si fa luce tra le parole e le mille note di un pianoforte, estensione della sua stessa materia. Sola sulla scena a fare i conti con se stessa, con la sua anima nuda da donare al pubblico. È un manto nero di espressività portata ai massimi livelli di coinvolgimento. È così che il palco del Teatro Auditorium Manzoni di Bologna diviene scenario e tempio della sua presenza, struttura scarna fatta di semplici impalcature metalliche, scheletri lontani da riempire con la carne del suo essere, effigi di un work in progress sonoro e di generi sempre in continuo mutamento. Voce e suoni danzano nel buio della sala mentre il suo canto s’incarna in un mantra che accoglie tenebre e favilli luminosi in un mondo solo, vortici di vita e morte, inizio e fine, visioni liriche e ruvide presenze nate dall’abisso, luoghi ritmici dalle sembianze popolari e lidi ancestrali, tra fuochi di luce che avvampano di forza e poesia.

Audio
È la voce della Galás, elegiaca e luciferina, le sue mani che con dolcezza toccano i tasti del pianoforte per poi violentare con veemenza le strutture del suono, a colpire le orecchie e il cuore come una lancia carica di tutte le sfumature emozionali possibili.

Setlist / Momento migliore
Uno sguardo sulle sue composizioni più famose, da “La serpenta canta” fino ai brani dedicati alla figura di Pierpaolo Pasolini, da Gloomy Sunday a Supplica a mia madre, passando per Die Stunde Kommt e See That My Grave Is Kept Clean. In balia di inglese, greco, italiano e francese, tutto fluttua all’interno di un esperanto linguistico che assume le sembianze di linguaggio universale, parola altra che unisce nell’emozione e che scorre lieve e intensa nel torrente sonoro, intimo e suggestivo, dell’intero live.

Pubblico
“Maschere” dell’oscurità, che sembrano generate direttamente dagli inferi, si uniscono a figure dall’indole più comune per una moltitudine di anime pronta a lasciarsi stregare senza opporre alcuna resistenza. La Galás ringrazia di cuore i presenti, in un italiano a tratti poco comprensibile e per questo ancor più affascinante e toccante.

Conclusioni
Diamanda Galás sul palco è potenza ammaliatrice e drammatica, sacerdotessa delle estreme fragilità e dei sentimenti umani, vestale del destino di chi la guarda. È una strega che ulula alla luna pronta a infettare e salvare dall’oblio i suoi spiriti perduti. È pianto che stilla tra Paradiso e Inferno, sangue iridescente sul crepuscolo che col suo grido di vita scava le profondità dell’esistenza in cerca di redenzione.