Nel suo bellissimo, e criminalmente poco citato, “Roma Vista Controvento”, lo scrittore Fulvio Abbate si concede e ci regala, fra le tante, una sentenza squisitamente iconoclasta come: “Roma, a guardare bene, sembra essere diventata una Ciampino molto più grande”. E questa la lasciamo così. Chi vuole capire capisce. Senza offesa per Ciampino, sia chiaro. Anche perché, ribaltando i termini dell’affermazione, si potrebbe dire che Ciampino infondo sia diventata la versione tascabile della Città Eterna. No, non regge. Ma di certo il cartellone dell’Orion, da qualche anno a questa parte, non ha nulla da invidiare agli eventi musicali ospitati nelle zone più quotate della Capitale. E il concerto dei redivivi Television, in questo senso, è stato l’ennesimo colpaccio.
Siamo in un martedì sera di fine Marzo. Una volta entrati nel locale, una sorta di anfiteatro moderno che sembra avvolgerci in una spirale di cerchi concentrici, l’impressione è quella di trovarsi di fronte al pubblico delle magre occasioni. Ma tempo qualche minuto e la platea si riempie, come anche lo spazio bar all’esterno. Segno che un concerto dei Television, alle 22:30 di un Martedì sera dopo Pasquetta nei pressi di Ciampino, rimane comunque un’occasione da non perdere. E noi sottoscriviamo.
L’apertura è affidata ai capelli biondi, e alla voce rotonda e potente di Lùisa, cantautrice ventitreenne originaria di Amburgo. Poliglotta e polistrumentista. Sul palco infatti suona la qualsiasi. Smanetta coi synth. Arpeggia con l’acustica. Picchia sulle percussioni. Fa tutto da sola senza mai sbagliare una nota. Ma il suo set scivola via senza destare particolare interesse. Vuoi perché il suo repertorio, forse troppo in linea con le mode indie-folk-electro-soul-pop degli ultimi dieci anni, sa troppo di già sentito, vuoi perché l’attenzione del pubblico è tutta focalizzata sulla storica band di New York. E così, al termine della sua esibizione, l’unica cosa che viene da dire è: “Hai sentito che bella voce?”. Che comunque non è poco. Per la serie: chi si accontenta gode.
E a proposito di godimento: è un menù a dir poco succulento quello che i Television hanno in serbo per i propri estimatori. La band ha infatti deciso, in questo tour celebrativo, di rispolverare i brani del capolavoro indiscusso “Marquee Moon”. Un disco ancora ragazzino, malgrado i decenni sul groppone. Fonte inesauribile d’ispirazione per musicisti e maniaci del rock fin dal 1977.
Quando la band fa il suo ingresso sul palco, capitanata dal cantante e chitarrista Tom Verlaine, l’effetto è alquanto straniante, per chi è abituato ad immaginarsi l’ensemble ripensando alla copertina del suddetto capolavoro. Insomma, i signori non nascondono i fendenti dell’età. Gli anni ci sono e si vedono tutti. L’atteggiamento flemmatico, poi, scongiura definitivamente ogni ipotesi di baracconata in stile “pischelli forever”. Quasi degli Anti-Rolling Stones. Tanto di cappello. Ne sa qualcosa il bassista Fred Smith.
Ma non bisogna farsi ingannare dagli acciacchi e dalla carta d’identità, perché dopo una breve introduzione strumentale, a tratti persino post-rock. si parte subito con “Prove It”. Ed il pubblico, dapprima immobile, comincia a scaldarsi. Ed è proprio il pubblico, forse, la grande sorpresa della serata. Compresa in una fascia d’età che oscilla fra i 18 e i 75 anni, la folla accorsa al concerto dimostra, come un campione statistico vivente, che la musica dei Television non conosce barriere generazionali, e viene amata allo stesso modo sia da chi oggi ha i capelli bianchi, sia dalle ragazzine venute al concerto coi genitori, sia da chi magari li ha scoperti navigando su internet. E guarda caso sono i più giovani, paradossalmente, a sbracciarsi e a sgolarsi facendo eco ad ogni sillaba intonata da Verlaine. In un impeto liberatorio e insieme didascalico. Per certi versi sospetto.
E se la già citata “Prove It”, che trapianta un comune giro di do balneare nell’universo drogato dei The Velvet Underground, ha scaldato per bene la folla, è con il terzo brano in scaletta, ovvero “See No Evil”, che il gruppo ci consegna l’apice della serata, grazie all’eccellente resa di uno fra gli episodi più aggressivi e ballabili di “Marquee Moon” (Piccola parentesi cavillosa: l’unica setlist disponibile in rete al momento riporta il brano come sesto, in ordine di esecuzione, ma non è così). E il resto del set, assai breve come peraltro era intuibile, procede liscio come l’olio EVO, benché poco coEVO. La band, malgrado alcuni evidenti segnali di stanchezza, che affiorano qui e là, si conferma, nel maneggiare con cura un passato irto di ostacoli, compatta e coraggiosa. E i suoi membri, finanche adorabili. Su tutti, Jimmy Rip, con le sue bellissime parti di chitarra solista. Di certo il più pimpante della compagnia. Ma anche Billy Ficca, estremamente a suo agio dietro le pelli. Una schiera, la loro, di consumati musicisti. In più di un’accezione. Buona l’acustica dell’Orion, altrove bistrattata, ma forse hanno giovato i volumi non esorbitanti, e una band che, forte della sua esperienza, ha suonato tutto sui polsi e in punta di plettro, senza mai spingere oltre il livello consentito.
Cos’altro ricorderemo di questo concerto? Sicuramente Tom Verlaine che al termine di “See no Evil”, rivolgendosi al pubblico, numeroso ed entusiasta, annuncia, o meglio, puntualizza, forse con un filo di rammarico: “This is our first time playing in Rome”. Come se volesse dire: “meglio tardi che mai”. E poi, verso la fine, una magistrale riproposizione della stessa “Marquee Moon”. Lùisa che sotto il palco, come un’allieva che osserva ammirata i propri maestri, si gusta il concerto ciondolando sorridente, e dimostrandosi gentilissima, quando le ho urlato nell’orecchio alcune osservazioni da pseudo-giornalista musicale in inglese maccheronico, del tipo:
Io: “I think you have a very good voice and i think you are very talented, but your songs are a bit boring”
Lùisa: “Ok”
Alla fine, come sempre, è arrivato il momento di andarsene via. Con una strana sensazione addosso. Neanche più così strana, ad essere onesti. La sensazione che forse tutto questo rivivere, tutto questo rivangare, e tutto questo celebrare, ci dica molto sullo stato attuale delle cose. Che forse è un po’ piatto, forse è un po’ asfittico. E forse il ricordo si è preso un po’ troppo spazio, in generale. Ma non c’è solo questo. C’è anche la quasi certezza che i Television, dal vivo, non li rivedrò mai più. E la quasi certezza che infondo ne sia valsa la pena. Perché sono la Storia, quella Storia che solo a posteriori puoi definire tale. Che di certo ha animato grandi passioni. Da qualche parte. Un tempo, di sicuro. E adesso? C’è il girone di ritorno, che sembra eterno per davvero. Ma è tutta finzione. C’è Roma. C’è Ciampino. E c’è la notte. Che sono una cosa sola.
Foto: Romina Zago
Testo: Marco Tucciarone