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01/04/2016 | deathwish | deathwishinc.com | ![]() |
Il ricordo appassionato di certo Post-Rock si percepisce forte fin da subito. Le limpide e primaverili chitarre di “The Reverie” riaprono immediatamente quei cassetti della memoria, lasciando che gli arpeggi si sporchino e si facciano pesanti, creando la cornice ideale per urla violentissime.
“Audio Noir” passa continuamente dal giorno alla notte, dove però le ore diurne coincidono col sole più cocente, quello che spacca la terra creando le fratture sulle quali adagiare le note più pesanti dell’album. Mentre col favore delle tenebre emergono tiepidi soliloqui musicali. Non si può non rimanere affascianti dalla sublime e atmosferica “Relancer”, piena di deliziosi flanger e synth psichedelici anni ’70: entrambi allacciati da sottili ritmiche jazzy e suadenti violini, fino al momento cruciale. Quel picco emozionale tipico del post-rock, nel quale c’è il balzo nel vuoto, l’abbandono degli strumenti musicali, l’apertura degli occhi verso il nulla.
Ecco, i Bossk, dopo averci fatto fare il classico balzo nel vuoto, ci stordiscono a colpi di Sludge e Post-Hardcore. “Kobe” è ipnotica e quasi ballabile, le chitarre si muovono in una piacevole altalena mentre le corde del basso vibrano pesanti e distorte lasciando emergere gli overdrive sul finale. Ci sono addirittura momenti Stoner (“Atom Smasher”), e la testimonianza di quanto possa essere, a volte, di facile ibridazione il mondo del Post-rock. Parliamo di riff spezzettati, di urla al vetriolo che vengono inghiottite da un magma di hammond e arpeggi cristallini, che diradano le nubi del cielo e fanno brillare fortissimo le stelle.