Slow Steve – Adventures

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Avevo in mente la science-fiction più strana, le visioni di Jules Verne dei primi anni del 20 secolo e i film di fantascienza e azione dalla fine dello stesso secolo. Ecco perché si chiama Adventures. Immagino una specie di Indiana Jones che scendendo in fondo al mare, si ritrovi a Lilliput e in altri folli, strani mondi.

Questo il commento di Rémi Letournelle, cantante e polistrumentista che si nasconde dietro Slow Steve, pseudonimo utilizzato per lanciare il suo lavoro solista dopo la collaborazione con il gruppo tedesco Fenster. E l’impressione è che il virgolettato di cui sopra parli di tutt’altro tranne che del suo disco.

Sloth, traccia che avrebbe dovuto rappresentarne l’apice, ne anticipa pienamente la sua anima e il sentimento percorribile durante il suo ascolto: un disco leggero, lineare, intuitivo (anche troppo). Tirando le somme, le componenti Synth Pop, Rock e Wave giungono ad un risultato che non lascia particolari spunti di riflessione: quasi come un brevetto registrato dopo averne osservata l’evoluzione e lo sviluppo da parte di altri.

La qualità c’è ma risulta fine a se stessa. Il mood sfocia in una lentezza d’insieme che è sintomo di un impulso praticamente assente e che rende impalpabile anche l’avvicendarsi delle sfumature. E in quell’indie-cosmo ci sono sicuramente lavori migliori.