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14 ottobre 2016 | peaceville | peaceville.com |
Continua il processo evolutivo dei Darkthrone che li vede da almeno dieci anni implementare una vera e propria “back to the roots” con elementi inediti. Dalla loro clamorosa svolta Punk, il duo norvegese ha cominciato a tirare fuori dal cappello tutto ciò che poteva considerarsi fondamentale per la genesi del loro sound: solo che il cappello dei Darkthrone è un po’ più profondo del solito. E quindi non vengono estratti solo Venom e Celtic Frost ma anche Hellhammer, Amebix, Possessed; e ovviamente AC/DC, e Black Sabbath. In pratica l’Heavy/Thrash Metal più sporco, lo stesso che i Venom chiamavano Black Metal.
Dopo un terzetto di dischi (con tanto di mascotte in stile Iron Maiden) più vicini ai Motörhead che a qualsiasi altra band Black Metal, i Darkthrone compiono un passo in avanti nella cronologia della riscoperta elogiando i primi Bathory con “The Underground Resistance”. Ora vi starete chiedendo se i nostri siano tornati o meno a fare Black Metal, ma se state cercando qualcosa à la “Transilvanian Hunger” e “Panzerfaust” allora siete fuori strada.
Arctic Thunder ha tantissimi punti in comune con i Darkthrone del periodo di mezzo, quello caratterizzato da lavori come “Sardonic Wrath” e “The Cult is Alive”; quello nel quale facevano Black’n’Roll ma ancora nessuno storceva il naso. Pensate ad un brano come “Tundra Leech” e troverete la perfetta evoluzione dei Darkthrone: una Punk song che riesce allo stesso tempo a rimanere in linea con il glorioso secondo lavoro della band “A Blaze in the Northern Sky”. Quella densità che agli esordi era data dalla sovrapposizione di vari strati sonori scarnificati , oggi viene conferita mediante una maggiore attenzione alla produzione, regalandoci un album che rappresenta la perfetta sintesi fra passato e presente. Nocturno Culto si riappropria al 100% del microfono, mettendo fine a tutti i siparietti messi in atto da Fenriz – che spesso sono sfociati nel ridicolo.
C’è sempre posto per inserti Death e Doom (“Throw me through the marshes”), per l’Heavy/Thrash (“Arctic Thunder”, “the Wyoming distance”) e per le atmosfere oscuramente plumbee riconducibili a dischi del calibro di “Hate Them” e “Plaguewielder”. “Deep Lake Trespass” è un nostalgico salto indietro negli abissi dei Darktrhone con quel pizzico di epicità che non guasta mai. Insomma, anche se Fenriz non fa più i classici blast-beat, è proprio il caso di urlare: Unholy Black Metal!