Laurel Halo – Dust

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Lurel Halo torna per la terza volta sugli scaffali dell’inglese Hyperdub, l’evoluzione della sua scrittura non cede alle mode del clubbing e si tramuta in scienza poetica.

L’ossessione della produttrice Americana è sempre stata la connessione tra la forma verbale e quella musicale. Quest’ultima opera si evolve proprio in questo senso, respingendo ogni interpretazione di massa. Halo tratta la voce umana come un materiale sintetico modellabile, da frantumare e riporre su un collage di atmosfere e umori privi di catalogazione.

L’intera anima di “Dust” si dichiara fin dalle prime battute: da quella “Sun to solar”, brano che rende tributo ai testi e ai concetti sviluppati sul “Servidão de Passagem“, poema del 1961 del poeta Brasiliano Haroldo de Campos – figura guida della neo-avanguardia mondiale.

De Campos diventa così fonte d’ispirazione per l’intero album. Egli fu infatti un trapezista della parola tra i “poeti-concreti” del ‘900, nello specifico fu un poeta-visivo, uno dei primi ad integrare le immagini alle parole.

Laurel sembra voler tradurre al mondo moderno l’operato del poeta Brasiliano, così colloca i testi in uno “spazio impensabile”, tra suoni e beat al limite della legalità metrica. Tratta le parole in maniera plastica, dividendo e raddoppiando le voci, rompendo le frasi in frammenti irrisolti per strutturare linee di basso e melodie. “Dust” è in sistema entropico in cui coesistono in armonia sia il digitale che l’organico.

Alla creazione dell’album ha contribuito il batterista sperimentatore Eli Keszler, colmando, nella maggior parte delle tracce – in particolare su “Buh-Bye” – la stesura di rumori percussivi con improvvise divagazioni Jazzy-Style. Ne risultano forme e ritmiche dalle irregolari variazioni ma di nitida sutura.

La stessa Halo, sul pianoforte funk di “Who won?” rimanda l’ascolto al più criptico Miles Davis, quasi a voler sottolineare che “Dust” in ogni suo profilo, si nutre di jazz e non di sola elettronica.

I testi di “Who won?” sono affidati all’artista scrittore Michael Salu, unica presenza vocale maschile dell’album, in grado di stravolgere l’intero brano con un approccio cyborg, consegnando frasi incompiute dai toni oscuri.

Tra i disturbi di forma, troviamo anche snodi melodici come “Nicht Ohne Risiko” e “like a L”, nelle quali gli strumenti si organizzo in modelli astratti di grande fascino. Al crocevia del pop New-Yorkese troviamo il singolo “Jelly”, a cui segue “Moontalk”, brano dai tratti nipponici, incoraggiati dalla chitarra di Michael Beharie.

Dust” è il suono di un artista che trova l’anima della sua voce tra torsioni e svolte inaspettate, sciolto, illogico ma di respiro. È un lavoro ambizioso, curato nei minimi dettagli, pronto a scheggiare le superfici lisce dell’elettronica curando ogni frammento con un tocco di palpabile e distorta umanità.

Data:
Album:
Laurel Halo - Dust
Voto:
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