KMFDM – Yeah

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Inossidabili soldati che hanno forgiato almeno una ventina di album i KMFDM sono una sicurezza per tutti i fan che li seguono da sempre.

Oppure si può leggere così: niente di nuovo sotto il sole del duo tedesco.

Fautori e precursori di un EBM velocizzato, adatto ai dance-floor più sfrenati alle frange darkwave, electro-goth, il duo tedesco diventò famoso a fine anni ’80 proprio per aver coniato un’avanguardistica Electro Body Music che flirtava con l’industrial. Tappeti di chitarre ultra-distorte, sullo sfondo, hanno sempre riempito i beat e le pulsazioni electro dei synth dell’ultima spiaggia Hi-NRG; fischi e armonici heavy-metal sono sempre state le forchettate di contorno per una pietanza ben più marziale e dance.

I KMFDM di Yeah, hanno decisamente rallentato i bpm, si sono fatti carico di influenze più italo-disco, sempre ben coadiuvato con una componente industrial-metal alla Rammstein e tardi Ministry. Questo almeno è quello che traspare da “Hell Yeah”, dove quella velata matrice “pop” che ha sempre albergato nel nostro duo appare nella sua classica forma. Sascha e Lucia hanno sempre adottato la classica metrica pop-rock con la più blasonata e battuta ripetizione fra strofa-strofa-ritornello-strofa.

Ed è sempre stata questa la loro forza, la loro arma, nell’intento di rimanere a galla nella nicchia più underground della darkwave: poco avezza a nuove sonorità fuori dal circuito Ritual mag.-New Wave Gothik Treffen ecc…

Ma è proprio il deciso ribilanciamento delle sonorità quello che colpisce di più. Le tastiere vengono direttamente in primo piano, e la componente industrial-metal arretra; perfino i riff delle chitarre sono subordinati alle melodie di synth e voce. “Freak Flag” sembra un oscuro inno techno/acid-house: Detroit e Chicago incontrano Berlino e Londra; il Warehouse si intreccia col Berghain e il Danceteria in un improbabile commistione fra Moroder e il new-beat rimarcato dall’armonica voce di Lucia.

La versione alternative di “Hell Yeah”, non convince proprio perché spinge oltremodo sull’acceleratore attraverso la batteria elettronica, dimenticandosi di tutto il bagaglio synth-wave.

“Attack 2017” è il “niente di nuovo sotto il sole” di cui si alludeva prima; un brano per accontentare i die-hard fans: bpm altissimi, voci parlate, riff e synth che si mescolano in un agglomerato indistinto – apocalisse di plastica. Un ulteriore edit di “Hell Yeah” sembra una radio-version che dura addirittura un minuto in meno entrando negli standard dell’easy-listening, che in realtà convince.

Quello che non torna, però, è l’insieme su su cui si basa il nuovo EP, che andrebbe trattato come tale; un tentativo di ampliare il repertorio che però si esaurisce, praticamente, subito.

Data:
Album:
KMFDM - Yeah
Voto:
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