Mercury Rev – All is dream

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I Mercury Rev sono una band statunitense nata sul finire degli anni ’80 con l’intento di comporre musica per films. Nel corso degli anni sono diventati una dei gruppi più interessanti del pianeta proponendo un rock psichedelico che si abbevera alla fonte dei maestri Velvet Underground e Pink Floyd, ma che si dilata opportunamente per abbracciare elementi di alternative rock contemporaneo e per suggestionare l’ascoltatore con oniriche visioni cosmiche. Nel loro sound dominano la soave voce spesso in falsetto di Jonathan Donahue e l’ essenziale chitarra di Grasshopper, sorrette da un’ incredibile varietà di soluzioni sonore sullo sfondo, che partono dalle semplici e ricorrenti tastiere e mellotron al colto impiego di strumenti classici come pianoforte, violino e clavicenbalo. “All is dream” risale al 2001 e rappresenta forse l’apice creativo della band, un perfetto connubio tra musica rock e musica sinfonica, e dove la prima esaurisce la sua missione la seconda si pone esattamente come risposta e prosecuzione solenne. Lo stile è a volte ridondante ma mai stucchevole, e riparte dal discorso intrapreso col precedente album “Deserterer’s songs”, raffinando ulteriormente la proposta che adesso sfocia quasi in un pop di classe arricchito dagli interventi sinfonici. Grande suggestione nell’iniziale “The dark is rising” che risente del passato cinematografico della band, dove Jonathan ha terreno fertile per sue escursioni vocali, impreziosite da un finale orchestrale di grande impatto, mentre la successiva “Tides of the moon” si slancia verso uno scuro space rock sognante, tra organi di settantiana memoria e soffici interventi di xilofono. Non mancano le belle ballate come “Nite and fog” sempre impreziosita dall’orchestra sullo sfondo, o le tentazioni pop di “Little Rhymes” o di “A drop in time” dove i Mercury Rev danno prova di ottima composizione e arrangiamento, nonchè di una piacevole propensione verso atmosfere rilassate e spensierate. “You’re my queen” avvolge e rilascia ripetutamente l’ascoltatore con le sue pulsazioni psichedeliche e un cantato ossessivo nell’inciso, “Spiders and flies” è di una bellezza commovente nell’uso degli archi, del pianoforte, dei contrappunti di flauto e nella solita prestazione vocale di Jonathan. La gemma del disco è comunque la conclusiva ed epica “Hercules”, inaugurata da un gentile arpeggio acustico che dopo aver accolto la voce di Jonathan si getta in uno straordinario e sornione crescendo che culmina in un pazzoide assolo chitarristico che richiama alla mente certe cose di Lou Reed.
“All is dream” è un disco da avere per chi cerca e si perde in momenti di struggente drammaticità e di solenne romanticismo. Stiano alla larga i cultori della tecnica strumentale e i ricercatori di tonalità abbaglianti.