PFM + Peter Hammill: Come sempre Suonare Suonare

È difficilissimo fare un buon live.
Ci sono una grande quantità di fattori che possono determinare la riuscita di un concerto: la buona acustica è il primo, ma non l'unico… Altri allo stesso livello di importanza sono l'ispirazione dei musicisti, il feeling con il pubblico, le condizioni climatiche, le qualità tecniche.
È difficilissimo fare un buon live.
Anche se chi suona ha trenta anni di musica sentita e suonata sulle spalle, ha all'attivo (unico gruppo italiano) decine di sold-out negli usa nel periodo d'oro del rock progressive, più recenti tourné trionfali in Giappone…
È difficilissimo fare un buon live. Specie se ti chiami PFM, e i fan (giustamente) si aspettano che tutte le caratteristiche sopra citate siano ai massimi livelli…

L'attesa è di pochi minuti rispetto all'orario del biglietto (22.00) per altro ben tollerata anche grazie a “It's A Love Cult” dei Motorpsycho che suona dal mixer…
Arriva la band… La formazione storica (Di Cioccio, Djivas, Mussida, Premoli) più due coadiutori sonori:
violinista-tastierista-secondo chitarrista (molto bravo) e percussionista-batterista (quando Di Cioccio si dedica al ruolo di frontman)…Partono i primi due pezzi da “Photos Of Ghosts”… Le casse URLANO un po' troppo, condannando i suoni degli strumenti a violentare piuttosto che accarezzare le orecchie degli spettatori delle prime dieci file…
I sei sul palco hanno mestiere e si sente, la Les Paul di Mussida risponde, accompagna, duetta con il Fender di Djivas e le tastiere di Premoli… Di Cioccio si divide bene tra cantante solista (anche se in questa veste a ben guardare è un po' troppo istrionico…
Quasi una caricatura) e ottimo batterista quadrato ed energico.
Nessuno si risparmia, e si arriva a “Maestro della Voce” un po' giù di tono…
Si va avanti con il repertorio di sempre: “Suonare suonare” e poi l'intro di “Out of a Roundabout” c'è un buon feeling sul palco. A questo punto si presenta sul palco Peter Hammill.. voce, chitarra, piano e tastiere dei Van Der Graaf Generator! Ci si aspettano grandi cose… uno dei fondatori del progressive made in UK e una delle bandiere del progressive made in Italy… WOW!
Invece la performance appare un po' deludente… I Nostri suonano con Hammill alla voce 3 pezzi (2 di Hammill, 1 scritto a quattro mani) niente più che discrete canzoni… Più consone a Michael Bolton a dire il vero!
Si prosegue con “Dove Quando”, “La Luna Nuova”, “Il Banchetto” e Mussida, alla chitarra classica, ci porta al clou del concerto con la bellissima “Dolcissima
Maria”… Si torna indietro di trenta anni…
l'atmosfera inizia a farsi magica e a questo punto, quando quasi si comincia a sognare ad occhi aperti e a benedire i 17 euro ben spesi, arriva la solita “Si può fare…” terribilmente “ruffiana”, con Di Cioccio che imita Freddie Mercury che imita Cab Calloway… la presentazione del gruppo si trasforma in una ventina di noiosissimi e autocelebrativi minuti… Il pubblico sembra gradire… noi no! Si scivola inesorabilmente verso la fine…

Dopo i soliti saluti, la band ritorna sul palco per chiudere con il trio “La Carrozza di Hans”, “Impressioni di Settembre” (duetto Hammill-Mussida alla voce) ed “È Festa”… e qui il livello si rialza… Dopo trenta anni questi pezzi suonano ancora gran bene non c'è che dire!
Tutti ci mettono grande energia, pensare che sul palco in 4 su 6 sono ultracinquantenni è quasi impossibile…
Ancora una volta la PFM ha dimostrato di avere i muscoli e il mestiere per suonare bene. Delle più di due ore di concerto si bilanciano alti e bassi… Nel complesso una serata positiva all'insegna della buona musica… E di questi tempi NON È POCO!

Foto di: Massimiliano Cricco