Spock's Beard – Feel Euphoria

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Le ultime vicende legate ai prog rockers statunitensi Spock’s Beard sono incredibilmente vicine a quelle accadute 29 anni or sono al gruppo progressive rock per antonomasia, ovvero i Genesis. Entrambe le bands perdono il proprio leader proprio dopo la pubblicazione di sei dischi, dei quali l’ultimo è un concept di successo (“The lamb lies down on broadway” per i Genesis; “Snow” per gli Spock’s Beard) e inoltre, sono i batteristi a prendere per mano la propria band, cimentandosi quindi anche alla voce. Purtroppo le similitudini finiscono qui, perchè se “A trick of the tail” stupì positivamente tutti per l’inaspettata quanto notevole qualità espressa nelle composizioni e, non di meno,per le straordinarie doti vocali di Phil Collins, gli Spocks’ Beard al contrario danno alle stampe un disco scialbo, che risente maleddetamente della mancanza dell’ ex-leader Neal Morse e del suo innegabile talento compositivo. Oggi il gruppo ruota attorno a Nick d’Virgilio che è senz’altro un ottimo esecutore, se la cava alla grande sia dietro alle pelli, sia con la chitarra, e quando Neal era ancora nel gruppo lo aiutava negli intricati cori che caratterizzavano splendide canzoni come “Gibberish” o “Thoughts”, con risultati davvero esaltanti. Ma la sua rimane una voce ottima per stare dietro ad una voce solista, in quanto manca di personalità, di profondità e di espressione, e doverlo sopportare per oltre un’ora in questo pessimo disco è un’ impresa davvero durissima. Nick inoltre non è aiutato dalle composizioni che, sebbene ed ovviamente ben suonate, sono tutte, e quando dico tutte, ahimè, intendo tutte, di una noia mortale, la carenza di idee è evidente e disarmante in ogni singolo brano. Perfino la tanto rinomata capacità d'”assemblaggio” e di raffinato arrangiamento che caratterizzò certe passate e splendide suite come “The light” o “The doorway” sembra essere svanita nel nulla, poichè in “A guy named Sid” , suite divisa in sei movimenti, non vi è un minimo filo conduttore, tutto appare frettolosamente incollato o, se volete, come una stucchevole accozzaglia di idee completamente diverse tra loro che conferiscono al brano un fastidiosissimo senso di approssimazione. A me dispiace fare pollice verso a un disco di un gruppo come gli Spock’s Beard, che in passato tanto ho amato e che tutt’ora riascolto volentieri negli episodi di metà anni ’90, ma purtroppo la situazione oggi è veramente squallida per loro. Neal Morse ha scelto Dio, in questo momento probabilmente sarà a pregare per la sua anima, e visto che c’è potrebbe pregare affinchè i suoi ex-compagni ritrovino un minimo di gusto compositivo. Deludenti.