Aenima – Sentient

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Direttamente dal Portogallo è finalmente giunto nel mio stereo grazie a diversi giudizi lusinghieri, un gruppo che promette di diventare una delle “new sensation” assolute in campo gothic, gli Anima, al loro album di debutto se si eccettua l’EP “Never fragile”.
Il loro gothic rock è ispirato in parte ai primi album con Anneke dei The Gathering oltre che alle sonorità di gruppi più sinfonici come i francesi Dark Sanctuary o addirittura ai guru Cocteau Twins. Punto di forza di questi lusitani è assolutamente la voce della cantante-soprano Carmen, capace di conferire coi suoi gorgheggi un grandissimo tocco di classe a delle musiche già di per sé angeliche ed eteree: la prima traccia “Lilith” già inclusa nel precedente EP stupisce per l’assoluta delicatezza e leggiadria, ogni strumento al suo posto in un insieme perfetto capace di dar forma, anzi, suono ad un sogno fantastico.
In “Shelter for a lesser god” l’ispirazione dei The Gathering si fa palese, ma il risultato è in ogni caso ottimo, un pezzo semplice in cui dominano un delicatissimo arpeggio e ancora la voce della bravissima singer, autrice di un canto efficacissimo, pieno di preziosismi davvero toccanti e non semplicemente “barocchi”. Una melodia seducente e sirenica caratterizza la dolcissima, indescrivibile “Silently there”, mentre “old Europa” colpisce per come sia possibile concentrare tanta nostalgia e oscurità in un pezzo di soli due minuti.
In “Pale” è il basso ad imporsi con un giro semplice ma capace di garantire al pezzo la giusta dose di cupezza, da cui le angeliche vocals sembrano cercare disperatamente di liberarsi; nella pioggia, un coro femminile a cappella sembra cercare un raggio di sole nel secondo intermezzo, “Dusk”, efficace introduzione a una decadente “Rites of passage” che non avrebbe certo sfigurato in album come “Serenades” degli Anatema, che infatti usufruivano di notevoli vocals femminili per certi pezzi-intermezzo come “J’Ai Fait une Promesse”.
“The Lighthouse” ci ripropone atmosfere romantiche e disperate che sembrano mutuate dai vecchi Cure di “Disintegration” e ritroviamo anche nel seguente intermezzo, “Morningrise”. Riuscito è anche l’esperimento elettronico di “The soil stained black”, il pezzo più notturno di questo “Sentient”, e in “Eclipse” troviamo gradevolissimi ritmi quasi celtici e folk. A chiudere l’album tocca a “Song to a moonlit mermaid”, delicatissimo pezzo strumentale in cui i campionamenti accompagnano un appena percettibile arpeggio che sfuma progressivamente nel silenzio.
Non c’è che dire, fra i debut che mi sono capitati in mano quest’anno questo “Sentient” è quello che mi ha più colpito: gli Anima non stravolgono i canoni del gothic però sono stati capaci di realizzare un album dalle atmosfere magistrali e senza pecche, forse semplice ma in compenso efficacissimo e soprattutto sincero. Di urlare al capolavoro non è certo il caso, però questo debut è un album che col passare degli anni si lascerà sempre ascoltare volentieri proprio alla luce delle sue poche pretese – non prendetela come negativa questa affermazione, mi raccomando – proprio grazie alla sua spontaneità, oltre che alla bravura di Carmen, interprete raffinatissima e con personalità da vendere.
In futuro mi aspetto davvero molto da questo gruppo: se saranno in grado di staccarsi in maniera decisa dai loro illustri modelli dando vita a un suono più personale entreranno sicuramente fra i grandi in ambito gothic, le potenzialità per farlo ci sono tutte.
Nel frattempo non posso far altro che caldeggiare l’ascolto di “Sentient”, un debut dalle melodie incredibili i cui illustri riferimenti non potranno che fare la gioia dell’appassionato del genere.