Korn – Untouchables

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A ben tre anni dal botto commerciale di Issues l’oscura presenza dei Korn torna ad inquietare le charts.
Al di là delle critiche dei (consueti) fans integralisti anche questo Untouchables è un colpo messo a segno per i 5 di Banskerfield che fanno tesoro della melodia sperimentata in Issues nel modo migliore, ovvero invischiandola con i riff brutali dei primi album. Così mentre la loro preziosa attitudine a mescolare l’elettronica con il metal e il cross-over figlia, creando a volte veri e propri mostri da multinazionale (e tutti sappiamo a chi ci si sta riferendo)i pioneri del nu metal si avvicinano sempre di più al metal vecchio stile e la recente cover di One dei Metallica ne è una conferma; non si tratta, sia chiaro, di un drastico cambio di rotta come quello di Follow the Leader, ma piuttosto di una radicalizzazione del sound del disco precedente.
La voce di Davis raggiunge livelli di pathos & tecnica – vedi “Thoghtless” o “Alone I Break”- inpensabili ai tempi di “Korn” ma non per questo il vocalist dimentica ( e come potrebbe? ) gli abusi-soprusi dell’infanzia e le umiliazioni-repressioni dell’adolescenza: il concept dell’album (in questo caso si potrebbe dire della discografia) è la tragedia e il malessere esistenziale, quel senso di claustofrobia psicologica che percorre questo lavoro in ogni traccia. A differenziarlo però dall’ammasso di album piagnucolosi di adolescenti con la felpa firmata e il brufolo sulla faccia è l’immensa intensità delle liriche, la compattezza del suono, l’intreccio duplice delle chitarre, i colpacci di genio di Fieldy, mai così esposti e valorizzati, tutti elelmenti che contribuiscono ad elevare questo disco tra le urla di dolore più riuscite del mondo del rock moderno, accanto a In Utero dei Nirvana, Dirt degli Alice in Chains, Ok Computer dei Radiohead…e a un disco così non vorreste perdonare quella piccola pecca di una produzione piuttosto cara (2000.000 $) per una metal-band? Ci rimettiamo alla clemenza della corte…