Taylor, James – Sweet Baby James

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Gli anni 60 sono stati uno dei momenti più caldi della storia del rock allora neonato: I movimenti studenteschi con il grande impegno politico e sociale dei cantautori come Dylan, Joan Baez, Neil Young e via dicendo; le esagerazioni pre punk degli Who; le ostentazioni equivoche di Mick Jagger prima e dei Velvet poi; l’abuso di droghe come fuga da una realtà triste e angosciosa del movimento psichedelico; la forza esplosivamente innovativa di Hendrix e il generale innamoramento per le chitarre elettriche. Insomma in quel decennio ne sono successe davvero di tutti i colori. L’apice di tutto questo avvenne a cavallo tra la fine dei ’60 e l’inizio dei ’70, quando le nuove band hard rock inglesi come Deep Purple e Led Zeppelin spopolavano proponendo una miscela esplosiva di suoni appunto hard. In mezzo a tutto questo come una meteora piomba nel 1970 “Sweet Baby James” secondo album in studio di James Taylor, un disco quasi totalmente acustico fatto di canzoni dal tono triste e introspettivo : Taylor, figlio della borghesia americana, con padre stimato dottore e madre cantante lirica, crebbe in un ambiente sano e colto, un ragazzo bello e istruito ma con una sorta di tormento interiore. A soli 17 anni fu vittima del suo primo esaurimento nervoso e fu ricoverato in un ospedale psichiatrico. Una volta guarito decise di intraprendere la carriera musicale e di trasferirsi a New York dove formò una sua band. Spostatosi a Londra, James fece la conoscenza di Peter Asher (nome che i fan dei Beatles conosceranno certamente bene) e incise il suo primo album omonimo (edito dalla Apple l’etichetta dei Beatles), che però passò quasi del tutto inosservato nonostante contenesse delle ottime canzoni e fosse prodotto da Paul McCartney. Ricadde nuovamente vittima di una forte crisi depressiva e ancora una volta venne ricoverato. Questa ennesima brutta esperienza fece però scattare qualcosa nel giovane James; dimesso dall’ospedale il nostro fece ritorno negli Stati Uniti e dopo poco diede alle stampe il suo capolavoro. Sweet Baby James è considerato, giustamente, un album epocale. In esso è contenuta la disillusione di un’intera generazione, proveniente dai sognanti anni 60, che si accorge che nonostante le lotte di piazza, gli slogan pacifisti e le promesse di un mondo nuovo, tutto è rimasto come prima. Le 11 canzoni che formano questo album non parlano di politica o di attualità, sono solo dei semplici spaccati di vita quotidiana, canzoni dal tono intimo dove i sentimenti, le delusioni e i turbamenti dall’animo umano sono l’elemento principale. La musica è una miscela di country, folk, jazz e blues lontana anni luce dalla furia elettrica che regnava all’ora. Con questo album James Taylor coglie l’esigenza della gente di ritornare all’antico, di voltare pagina per immergersi in una atmosfera più intimista. Il suo raffinato stile chitarristico e una certa semplicità degli arrangiamenti si sposano alla perfezione con il tema delle composizioni. Il disco si apre con la title track,un country rock semplice ed essenziale dall’andamento sognante dotato di una grande melodia che rimane subito impressa. La successiva “Lo and Behold” si rifà più al folk con la chitarra acustica, i cori e il battito di mani. Su tutto la voce dolce e delicata di James. “Sunny Skies” è più o meno sulle stesse coordinate ma con una maggior vena jazzata, una di quelle canzoni fresche e facili che fanno venir in mente paesaggi colorati e distensivi. “Steamroller Blues” è un talkin’
blues tutto incentrato sul piano e sulla chitarra elettrica sempre di matrice jazz a cui si aggiunge, circa a metà canzone, una imponente sezione fiati. Brano di classe e gusto cristallini.” Country Road” è una country rock song intima e crepuscolare. L’unica cover del disco è la successiva “Oh Susanna” di Stephen Foster un grande classico del folk bianco americano che James interpreta con la solita classe. Si continua con “Fire and Rain” la canzone più famosa e più bella del repertorio di Taylor: si tratta di una ballata country rock che parla dei mesi bui trascorsi nell’ospedale psichiatrico e della dipendenza dall’eroina, una canzone dotata di quella dirompente forza emotiva che può destare la vista di una montagna o del mare calmo, un capolavoro immortale e il vero manifesto della musica di James Taylor. Il disco prosegue con la leggiadra e sognante “Blossom” e con il country rock altamente melodico di “Anywhere Like Heaven” impreziosito dal violino e dal fiddle. “Oh Baby, Don’t You Loose Your Lip on Me” riprende le radici più blues del cantautore di Boston mentre la conclusiva “Suite for 20 G” chiude
il disco così come era iniziato, con melodie sognanti che si contrappongono a parole cariche di intimo turbamento e di dubbi, per sfociare in una apertura corale con fiati tipici della West Coast.
Con questo album James Taylor ha inaugurato la stagione dei cantautori country rock denominati “intimisti”, quella che vedrà brillare le stelle degli Eagles di Joni Mitchell e di Jackson Brown. Sweet Baby James è un album che ha fatto scuola, un caposaldo della musica americana degli anni 70.