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Paradossi della musica. Diana Krall ha raggiunto un certo successo anche in Italia due anni fa con “The Look of Love”: complice la trasmissione radiofonica di culto “Montecarlo Night” (su Radio Montecarlo, freq. 105.50), anche noi siamo riusciti a scoprire le doti della brava – e bella – jazzista canadese, con la cover del celebre hit di Burt Bacharach. Peccato solo che quell’album, per quanto complessivamente buono, impallidisca letteralmente rispetto al resto della discografia della band, peccando di eccessiva patinatezza e mancanza di profondità, a parte una manciata di brani di livello davvero eccellente. Ma è stato solo un mezzo passo falso: prima il “Live in Paris” ha portato alle orecchie (e agli occhi, visto che c’è anche il DVD) quanto Diana sia magnifica dal vivo, e infine è arrivato quest’ultimo “The Girl in the other Room” a collocarsi fra le migliori release della nostra.
Raffinato, notturno, morbido e sensuale, questo è un ottimo album di jazz cantato, caratterizzato da atmosfere ed influenze assai varie, poiché l’ottima Diana reinterpreta alla perfezione alcuni classici di artisti immortali.
Il compito di aprire l’album spetta a “Stop this World”, un jazz dalle marcate influenze blues – nella sessione ritmica – ad opera di Mose Allison, un brano godibile e da ballare in qualche raffinato jazz club. “The Girl in the other Room” è una ballad estremamente romantica e soft composta da Diana assieme al marito Elvis Costello – bella famigliola eh? – mentre “Temptation” mi pare di averla già sentita… eh sì, la nostra si cimenta con un brano del buon vecchio Tom Waits, da “Franks Wild Years”. Chi conosce Waits sa che è ben difficile cimentarsi coi suoi pezzi, bene Diana ci riesce alla grande, conferendo al brano una maliziosa sensualità da esperta seduttrice. La lenta “Almost Blue” – cover di Costello – è di una raffinatezza sublime e la voce di Diana, perfettamente accompagnata da una sessione strumentale eccelsa, culla letteralmente l’ascoltatore.
L’album procede lungo la parte centrale senza cali: “Love me like a Man” e “I’m pulling through” mantengono l’album su livelli davvero alti. La cover di “Black Crow” di Joni Mitchell forse è il brano che lascia più perplessi, reinterpretare una voce simile, semplicemente unica, può essere penalizzante, ma il risultato è buono, anche se i brani della Mitchell non mi sembrano i più adatti ad essere tradotti in jazz. “Narrow Daylight” è un brano più orientato verso la canzone d’autore che al jazz, ma il risultato è nuovamente d’effetto, mentre al jazz vero e proprio si torna già con le atmosfere di “Abandoned Masquerade”, il brano più lento dell’intero album. Negli ultimi due brani, “Departure Bay” in particolare, possiamo avvertire chiari echi di Costello, che svolge un lavoro di arrangiamento magnifico nell’intero album, e delle atmosfere di Burt Bacharach.
Diana Krall convince pienamente: “The Girl in the other Room” è un album raffinato, la voce della brava cantante si rivela uno strumento sempre all’altezza in pressoché tutti i dodici brani presenti, capace di spiccare ma allo stesso tempo di non rubare la scena né al piano, né al resto della sessione strumentale, che svolge un lavoro encomiabile e godibilissimo.
Non saprei francamente dire quanto quest’album possa piacere agli amanti del jazz più puro, che spesso – per una sorta di “snobismo” insito nel genere – storcono il naso di fronte a uscite come questa, ma coloro che stessero cercando atmosfere patinate di questo tipo impreziosite da una voce davvero emozionante, con Diana Krall resterà più che soddisfatto.