M83 – Dead Cities, Red Seas And Lost Ghosts

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Potrebbe essere Tokyo; l’ambiente è quello della grande metropoli che respira tra i neon e l’aria di passato. Sotto le luci di una stazione ferroviaria, due ragazzi, a prima vista francesi, si incontrano. Inizia a piovere, la luce viene trascinata via dall’acqua.
Nell’istantanea di questo incontro esplodono miriadi di suoni, dai My Bloody Valentine agli Slowdive nei walkman dei due ragazzi, alla musica elettronica e ambient che si fa strada dagli altoparlanti della stazione fino a trafiggere e penetrare quell’attimo irreale. Gli ultimi treni della sera fuggono, lasciano interferenze nella musica esplosa in quell’ambiente sospeso, la disturbano, si fondono nell’atmosfera e a volte rischiarano di luce artificiale quell’attimo, lo dilatano. La musica esplode, aleggia tra gli sguardi dei due ragazzi e il vuoto, immergendosi poi direttamente al di fuori del mondo, nello spazio (“M83, Una piccola nebulosa informe.. così difficile da vedere col telescopio, che la minima illuminazione dei fili del micrometro la fa scomparire. Soltanto con molta attenzione la si potrà vedere.” Messier 1781); uno spazio lontano in cui esplodono drum machine, sintetizzatori, distorsioni di chitarre (che si incontrano perfettamente in “America” e in “Noise”), organi (stupefacente “In Church” col suo incedere maestoso), voci (sintetizzate anch’esse, e che appaiono solo in tre tracce), in composizioni che toccano i lidi dell’elettronica di Board Of Canada, Tangerine Dream, qualcosa qua e la degli Air senza mai esserlo a fondo, ricordando molto più le aperture spaziali del post rock di scuola Godspeed You Black Emperor, l’emotività già citata sopra degli shoegazer e in un certo senso colonne sonore per qualche film, che si perdono in uno spazio indefinito, senza limiti, volteggiando in galassie remote (galassie dalle quali prendono il nome) e tornano nel mondo, quel mondo artificiale fatto di silenzi interiori, come fotografie in movimento, immerse in quella luce dei lampioni..
Il treno ormai è in lontananza, la musica sta per finire, si torna nella stazione.
I due ragazzi si scambiano uno sguardo per un attimo passandosi accanto, e riprendono il loro cammino, ognuno immerso nel suo mondo, architettura artificiale. Al neon.