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Davvero molto interessante questo disco che ora gira nel mio lettore. Un progetto interamente strumentale, che si regge su una solida struttura “classica” da trio rock, con l’intervento di un pugno di musicisti esterni.
Fin dalle prime note gli Appaloosa disegnano trame a tratti dolci ed eleganti, coinvolgenti ed avvolgenti, a tratti spiglolose e graffianti. Nelle 8 tracce passa di tutto: sprazzi post rock “controllati”, atmosfere dark-wave, lacerazioni che testimoniano uno sguardo al punk più filtrato ed addomensticato al raziocinio.
La produzione è eccellente, e rende l’idea di un progetto che soppesa ogni suono, ogni nota, ogni intervento armonico… le canzoni sembrano spirali che si innalzano sul mondo portando con se un po’ della fantasia del fortunato ascoltatore. Perché solo un po’? Perché mi sembra che manchi ancora qualcosa… Globalmente il disco risulta un po’ pesante da digerire, anche ad ascolti successivi ai primi. Non che sia un difetto: solamente, mi sento di consigliarne l’ascolto a chi si trovi a suo agio con atmosfere claustrofobiche e serrate, e riesca a perdersi nell’ipnosi della maggior parte dei brani. Chi cerca musica più diretta, più decifrabile, non per forza cantata ma quantomeno con degli elementi melodici efficaci e riconoscibili, forse stenterà ad ambientarsi nel mondo oscuro degli Appaloosa… cha a me non dispiace affatto.