Grateful Dead – American Beauty

Acquista: Data di Uscita: Etichetta: Sito: Voto:

Dopo essere stati il motore della rivoluzione psichedelica, il punto focale di tutto il movimento lisergico degli anni ’60, all’inizio del decennio successivo i Grateful Dead cambiano decisamente rotta. Nel 1969 i nostri davano alle stampe “Live/Dead” il disco che è considerato all’unanimità come il punto più alto di tutto il rock psichedelico e uno dei più grandi (se non il più grande in assoluto) live album di sempre. Raggiunta la vetta i nostri probabilmente si sono resi conto che più in là di così non si poteva andare e decidono di dare un taglio al passato proponendo un album dai toni morbidi, lievemente west coastiani e acustici, come “Workingman’s Dead”. Questa scelta fa gridare molti al tradimento, il movimento psichedelico è ormai in crisi irreversibile e tanti sussurrano che il “capitano” Jerry lascia la nave prima che affondi. Le critiche però non scuotono il geniale Garcia che anzi a distanza di pochi mesi da Workingman’s da alle stampe “American Beauty”. Disco questo che riprende il discorso del suo successore esaltando ancora di più l’innato amore di Garcia per la musica acustica, per il blues il folk e il bluegrass. Tutto il lavoro è incentrato sulle armonie vocali che richiamano direttamente la west coast, i Beach Boys, CSNY. Le chitarre acustiche sorreggono le dieci splendide ballate che compongono questo immenso album dove comunque non mancano certo alcuni accenni alla musica psichedelica. Un disco così incredibilmente affascinante che in un colpo solo fa dimenticare tutte le critiche e si salda nel cuore dei fan dei Dead anche grazie ad alcune canzoni che diventeranno dei classici del repertorio live dei nostri. Si parte subito alla grande con “Box Of Rain” magnifica ballata dai toni west coastiani, il gioco di chitarre elettriche e acustiche, la grande melodia i cori pacati e seducenti ne fanno un capolavoro ancora amatissimo dai fan. Uno dei grandi classici contenuti in questo album è certamente “Friend of the Devil” un piccolo gioiello che strizza l’occhio al bluegrass, dotato di un ritmo irresistibile e di quella sana propensione alla jam che è il marchio di fabbrica di tutta la musica dei Dead; sensazionale il lavoro al mandolino di David Grissman che fa già presagire le meraviglie che lui e Jerry ci regaleranno in futuro. Se vi chiedete da dove arriva la musica della Dave Matthews Band ora avete la risposta. “Sugar Magnolia” si rivolge ancora alla west coast ma lo fa con la visione sempre geniale dei Grateful Dead fatta di brevi assoli elettrici tipicamente blues e le linee del basso inconfondibile di Lesh. “Operator” ritorna su territori decisamente più tradizionali con una grande melodia tipicamente country a cui si aggiunge la straordinaria armonica blues di Pigpen. “Candy Man” è invece una grandissima ballata elettroacustica ricca di fascino dove spicca la pedal steel di Jerry. “Ripple” rivede in azione la coppia Garcia – Grissman con un brano acustico dotato si splendide armonie vocali. Da antologia la parte centrale in cui Jerry canta sopra al mandolino di David. “Brokedown Palace” è ancora una ballatona di quelle che tolgono il fiato con il piano in grande evidenza. “Till the Morning Comes” invece alza decisamente il ritmo riportando alla luce alcuni elementi del passato. “Attics of My Life” è decisamente atipica con un coro quasi gospel. Si chiude con una delle canzoni manifesto del disco la monumentale “Truckin’”: l’hammond B3 e il piano sorreggono le svisate elettriche di Jerry mentre Phil disegna note magiche nell’aria.
“American Beauty” è un disco che ci presenta l’altra faccia dei Grateful Dead, una faccia magari diversa da quella psichedelica che li ha resi celebri ma non per questo meno geniale. Certo in questo album i colpi dell’estro innato di Jerry sono un po’ meno evidenti, quasi nascosti, ma alcune soluzioni sono a dir poco eccezionali. Questo è un disco essenzialmente di ballate dove le canzoni sono le vere regine
, canzoni a semplicemente splendide che a distanza di quasi 35 anni sanno ancora riscaldare il cuore di tutti coloro i quali hanno amato l’arte di Jerry Grascia, uno dei più grandi geni musicali del secolo scorso.