Velvet Score – Youth

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Un biancore quasi accecante e una purezza candida da far venire i brividi, capace di commuovere per quanto risplenda di sincera maliconia e di rabbia adolescenziale, di paesaggi immaginari eterei e di aria vellutata. Il debutto dei Velvet Score è tutto questo, giochi di luce chiara, pallide storie d’amore, lacrime e un filo di tristezza, emozioni continue, immagini in bianco e nero velate di ricordi passati e di ferite che bruciano ancora senza mai dare fastidio. “Youth” è sorprendente, difficile concepirlo come una produzione italiana, così senza tempo e senza spazio, sospeso da un filo invisibile nell’aria rarefatta.
Tutto inizia con “Back to the painter’s brush”, echi di Sigur Ròs e sussurri che piano piano si fanno sempre più insistenti fino a trasfomarsi in voce sofferta uccisa da fotografie ossessionanti, “Crying on Pop Corn” sfiora fugacemente il fantasma dei Pavement nel ritornello per poi sfociare sia nella furia strumentale degli ultimi Giardini di Mirò sia nell’intrecciarsi vocale dei Julie’s Haircut (e non a caso in alcune parti del disco c’è lo zampino di Andrea Rovacchi), la dedica a Suzanne Vega e a Leonard Cohen di “Suzie & Leo will marry tomorrow” si scosta delicatamente dalle divagazioni post-rock dei due episodi precedenti per acquisire una vena più sonica che si rifà a Sonic Youth e Marlene Kuntz con una strabiliante raffinatezza sonora. Eteree nuvole dello shoegaze dei My Bloody Valentine vengono richiamate dal sole che splende nella notte di “Youth”, il momento successivo è abitato da riverberi di chitarra che, come incubi, ossessionano le note di “Advice from mars”, poi, a chiudere il tutto, ci sono le due polaroid sfuocate di una mattina e di una sera estive, calme, rilassate e perse nella loro ingenua speranza.
“Youth” è come spiare l’adolescenza da una piccola finestra persa nel mondo, è un pò il primo amore di cui si serba nel cuore un ricordo magico e irripetibile, è il sorriso di un bambino, è tutte le volte che le lacrime sono scese per sentimenti da scoprire, è un arcobaleno completamente bianco sotto un sole che ti fa socchiudere gli occhi per non rimanerne accecato.