Acquista: | Data di Uscita: | Etichetta: | Sito: | Voto: |
Gli Athlete sono tornati con un gran disco. Se avete amato il precedente Veichles and animals non potrete fare a meno di amare quest’elegantissimo pop di fattura inglese ma che ama strizzare l’occhio ad alcune bands americane. Gli Atlete infatti mantengono pochi standard del classico indie della vecchia Inghilterra, lo squisito gusto delle melodie classiche, fatti da giri di accordi che non brillano certo per originalità ma che sono sempre efficaci, i chorus che “si aprono” facendo respirare tutta la canzone (Half Light) e l’ uso delle acustiche come sottofondo caro ormai a tutti i gruppi. Per il resto amano giocare con i synth, con distorsioni che puzzano di valvole scaldate, tastiere vintage e arrangiamenti che per nulla sono levigati e perfetti come gruppi come Keane o Travis ormai pretendono, anzi, in questo album sembrano prediligere un certo gusto per i rumori, per degli effetti che appaiono come spezzati o fuori fase (l’hammond distrutto che suona sotto il singolo Wires o la batteria che si libera in Twenty foru hours). Non hanno certo quella predisposizione a costruzioni armoniche complesse o a stacchi/riprese tali da fare un pieno paragone con band come Pavement, ma si può tranquillamente notare lo stesso slancio verso quelle sonorità lo-fi che hanno altri gruppi come South o Badly Drawn Boy. Rispetto al lavoro precedente si nota una maggiore maturità che porta il gruppo ad essere più malinconico e triste (l’intro di Changes preannuncia tutto), niente brani come el Salvador (Fatta accessione per Modern mafia) quindi, piuttosto uno stop riflessivo un po’ intimista che porta a splendide composizioni in stile Alfie (Tourist, Yesterday threw everything…, ) , all’utilizzo del piano come strumento portante nelle composizioni (Street Map), ma soprattutto ad una massiccia dose di archi, che accompagnano tutto il lavoro rendendo le tracks ancor più melodiche di quello che sono. Particolare attenzione, infine, per la voce… io amo questo timbro, a metà tra il parlato e il cantato vero e proprio, una voce che non ha la stessa potenza e limpidezza di Morrisey ma ama essere acerba e un po’ stonata, diventando ruvida quando si richiedono sforzi per le note sostenute od alte, ma soprattutto che non si perde in toni epici nei chorus (Half light). Quel tono che ti fa sempre immaginare il gruppo in una sala prove un po’ scalcinata o stretto su un palco di un piccolo club.
Zitti zitti gli Athlete sfornano un disco perfetto, di quelli che non hanno sbavature e non hanno pretese e di questi tempi, viste le grandi attese che deludono (Doves e Idlewild) è già un’ottima cosa.