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“Second Storey” è il disco su cui gli australiani Art Of Fighting puntano per uscire fuori dai loro confini geografici. Il loro debut album infatti raccolse discreti consensi solo in Australia e non gli fu concessa una distribuzione né europea, né americana. A dirla tutta abbiamo rischiato di perderci pure questo secondo disco, poiché trattasi di un lavoro del 2004 che finalmente vede luce anche dalle nostre parti. In fondo c’è da capire le strategie discografiche, poiché la proposta di questo gruppo è il più classico niente di nuovo o il niente che si possa lontanamente avvicinare ad un potenziale fenomeno momentaneo e di recente ne stiamo conoscendo di molti. Così tanti che tra 5 minuti faremo fatica a ricordarcene. Gli Art Of Fighting suonano un rock delicato e straordinariamente emozionale, pacato, costruito su arie chitarristiche soffici e intense, sorrette da un drumming gentile e profondo con una voce quasi spaventata e che si crogiola nel suo bellissimo incanto visionario. Il primo trittico di “Second Storey” raggiunge vette d’intensità davvero sublimi, sono episodi di un fascino decadente che considero perduto, quello tipico di Mark Kozelek. In particolare una canzone come “Break For Me” riprende certi temi del rock d’autore americano per proporli secondo uno stile caratterizzato da momenti di innato romanticismo, in cui chitarre e organi si incontrano su territori terribilmente instabili e disturbati, senz’altro riscaldati da una voce che definire toccante sembra davvero limitativo. Il disco prosegue il suo viaggio nell’introspezione di questi artisti delicati, in cui emergono a più riprese stati d’animo in cui si confondono rassegnazione e agitazione, dolore e rabbia. Ma su tutti questi squarci di anime sembra splendere una gemma, “Heart Translation”, episodio conclusivo dell’album, dove la forza emozionale di questi Art Of Fighting raggiunge picchi di abilità melodica davvero inconsueti di questi tempi. La canzone in questione nasconde la classe e la profondità di certi capolavori del passato remoto ed è al momento, personalmente parlando, la canzone più bella di questo 2005. Un disco per inguaribili romantici.