Madrugada – The Deep End

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“The Deep End” è il disco con cui i norvegesi Madrugada tornano a calcare le scene, a due anni dall’ultimo “Grit”. Sonorità dark e forti ammiccamenti a Nick Cave hanno da sempre caratterizzato il sound di questa band, che nel 1999 ottennero un’ottima visibilità a livello mondiale con un debutto, quel mitico “Industrial Silence” dalla splendida copertina blu, che fu un ottimo successo in fatto di vendite. I nostri però non sono stati capaci di ripetersi e le due successive release non hanno lasciato particolarmente impressionato né il pubblico, né tantomeno chi vi scrive. L’impressione che ho ascoltando anche questo loro nuovo album è che ancora una volta manchi al gruppo quel qualcosa che consenta ai tre norvegesi di fare il definitivo salto di qualità. Intendiamoci: Sivert, Frode e Robert sono indubbiamente dei musicisti di talento, e “The Deep End” contiene presenti delle canzoni di notevole impatto come la meravigliosa ballata noir “Hold on to You”, a cui partecipa addirittura Angelo Badalamenti, il grande compositore già curatore di diverse soundtrack per i film di David Lynch. Il problema principale di quest’album sta nel fatto che i Madrugada sembrano voler seguire a tutti i costi la strada del loro adorato Nick Cave, e infatti il sound di “The Deep End” sembra proprio un forzato incrocio fra le atmosfere di “Nocturama” e alcuni degli episodi più rockeggianti di “Let Love In”. Le atmosfere più dark che caratterizzavano i vecchi album sono così relegate a pochi episodi. Va così a finire che Sivert Hoyem si preoccupa troppo di occupato ad emulare il grande Nick nei suoi atteggiamenti più romantici e languidi, compromettendo non poco l’efficacia del suo cantato (“On your side”, “Stories from the streets” ed “Elektro Vacuum” sono gli episodi certamente più stucchevoli a riguardo), e questo è un vero peccato, perché la sua voce è davvero valida. Lo stesso discorso si può fare per gli altri membri del gruppo, bravi sì ma ben lontani dalla genialità e dall’estro dei Bad Seeds, eppure capaci di convincere pienamente nei momenti più fumosi dell’album come quella “Running out of time” dai toni blues crepuscolari, piuttosto che nella mistica “The lost Gospel” o ancora nei ritmi trascinanti di “Hard to come back”, l’episodio puramente rock più efficace dell’intero album. Gli episodi buoni insomma non mancano nella parte centrale del disco, solo che poi i nostri si perdono nuovamente nel mare della poca personalità, dapprima con una “Ramona” assolutamente insipida – tanto rumore stile vecchi Bad Seeds, ma altrettanta piattezza ed incapacità di coinvolgere –, a cui segue una interminabile “Slow builder” che si erge ad esempio di prolissità sterile e noiosa, per passare infine alla conclusiva “Sail away”, canzone piena di intenzioni romantiche, nella quale tuttavia Sivert offre la prestazione peggiore dell’intero album, che abbinata alla monotona lentezza del brano fa solo venir voglia di premere il pulsante fast forward. L’album però non si chiude qui, in quanto vi sono infatti due bonus track abbastanza valide che risollevano un po’ le sorti del tutto: una “Life in the city” che mi ha ricordato piacevolmente alcuni degli episodi più rock del bravo Chris Isaak, e la piacevole sorpresa di “I’m in love”, un bel blues-rock sulle orme di un mostro sacro come John Lee Hooker, molto ben suonato e interpretato, forse il brano in assoluto più trascinante dell’album. In conclusione, devo confessare di essere abbastanza perplesso di fronte a questa nuova release dei Madrugada: “The Deep End” possiede da un lato l’innegabile pregio di recare in sé una buona varietà di toni e sonorità, a dimostrazione del talento e delle ricche influenze musicali dei nostri tre, ma dall’altro vi sono troppi episodi poco convincenti che molto tolgono alla godibilità complessiva dell’album. Senza queste cadute di tono, ci troveremmo indubbiamente di fronte a un lavoro importante, ma le cose non stanno così: l’impressione definitiva, è che il disco in questione possa di primo impatto piacere grazie al suo sound ruvido ed efficace (la produzione è a dir poco eccellente) , ma ascolto dopo ascolto si palesano tutti i suoi limiti, pertanto l’eventuale tempo di permanenza di questo CD nello stereo dell’ascoltatore è un’incognita tutta da verificare. Insomma, la sufficienza tutto sommato c’è, ma si potrebbe fare molto di più…