Goa Boa: Report Goa Boa 2005 – 8 e 9 Luglio 2005

8 Luglio 2005
Mai vista così poca gente al Goa boa come in questa serata, dal 1998 a oggi penso sia stata la giornata con meno spettatori. Si potrebbe stare ore a cercare un perché: i prezzi, la gente che se non conosce tutti gli artisti non si muove, l’orario… Ed è un peccato perchè i gruppi che si sono esibiti non erano niente male, e anche se m’è toccato abbandonare il festival verso le 22 quelle ore passate dentro m’hanno permesso di conoscere ottimi gruppi e di ascoltare buona musica. Tocca ai genovesi Ex-otago aprire la serata e se devo essere sincero sono anche stati il gruppo migliore della giornata. Sono quattro ragazzi che si destreggiano con tastierine Casio accompagnati da chitarra e batteria. Sul palco sono degli scalmanati, ma anche se hanno davvero poco pubblico davanti il coinvolgimento di quei pochi è massimo, persino i musicisti degli altri gruppi li ascoltano con piacere. Totalmente pazzoidi concludono il concerto con lancio di lecca-lecca al pubblico. Le canzoni poi sono veramente carine, ben ritmate e orecchiabili. Loro cantano di “aspettare settembre perché l’estate non gli piace”, ma chi ha la fortuna di ascoltarli dal vivo si aspetta invece un’estate rosea per il loro futuro musicale semplicemente perché questi ragazzi meritano davvero le soddisfazioni e la fama. Gli Yuppie Flu invece devono essersi abituati a un pubblico certamente più numeroso, e come dargli torto del resto. Per questo probabilmente hanno suonato un po’ distaccati, ma hanno comunque regalato a quella trentina di persone che se li sono ascoltati un buon live. Il loro indie semplice e preciso sa essere veramente molto godibile, dal vivo poi ci sanno proprio fare e gli inserti di elettronica, i bellissimi giri di tastiere e gli attacchi precisissimi di chitarra dimostrano le ottime capacità musicali della band. Il batterista poi è veramente bravo, un “pestatore”, ma capace di dirottare molta attenzione su di se, cosa ben difficile per chi sta dietro ai tamburi. A me la voce del cantante degli Yuppie flu piace tantissimo, sa dare davvero un’altissima intensità alle parole che canta. Ricordo ancora come mi rapì la prima volta che lo sentii ascoltando “pet life saver” dei Giardini di mirò che lo vedeva come ospite. Veramente bravo. Peccato che a ogni festival ci deve quasi per forza essere un gruppo veramente inferiore agli altri, e in questo caso parliamo dei The Film. Il gruppo francese riesce a salire sul palco del Goa boa giusto grazie a un singolo ben piazzato grazie a una pubblicità, e mentre li ascolti pensi che forse era meglio se non usciva nei negozi quella “Can you touch me”. Questo perché i The Film sono una scopiazzatura e neanche ben riuscita dei Franz Ferdinand, sia come musica che come look, ma non riescono neanche ad allacciare una stringa al gruppo scozzese. La solita musica sentita e strasentita senza personalità. Dal mio punto di vista sono stati veramente pessimi. Il set degli Offlaga Disco Pax è ben costruito e molto versatile, questo grazie a un muscista ottimo alle tastiere e ai sintetizzatori e a un buon accompagnamento di chitarra. I testi sono anche belli ma il cantante che poi cantante non è ha imparato quel recitare da Emidio Clementi ma non ha saputo ben concretizzarlo, secondo me perché parla troppo, e le sue parole ci perdono un po’ in enfasi e in forza. Un set piacevole che però dopo un po’ è diventato stucchevole, nonostante la buonissima musica che usciva dalle casse. L’ultimo concerto a cui ho assistito è stato quello della vocalist dei 99 posse Meg. Metto subito in chiaro che non sono mai stato un grande estimatore della sua voce, ma devo anche ammettere che su un palco lei ha una grandissima personalità. Il gruppo che accompagna Meg è davvero ottimo, un piacere da ascoltare. Meg si districa tra i cavalli di battaglia come “Sfumature” e i brani del disco solista. È molta brava, bisogna ammetterlo, ma dopo poche canzoni devo dire che mi stufa. Ha comunque regalato al pubblico genovese un buon live, molto intenso. Da sottolineare la sua grande presenza scenica. Esco dal Festival un po’ dispiaciuto per la scarsissima affluenza di pubblico e sparando che il giorno dopo ci sia più gente, ma comunque abbastanza soddisfatto per i concerti a cui ho assistito.

9 Luglio 2005
Anche l’apertura della seconda serata è affidata a un artista genovese, ossia il one man band Denize. Il suo live sa essere rumoroso mantenendo però un ottimo stile e dimostrando un’ottima capacità in fase di composizione delle canzoni. I risultati che ha già raggiunto (arrivare in finale a Benecassim non è cose da tutti) possono far prevedere ottime cose per il futuro di questo artista che con gli altri musicisti genovesi presenti al festival dimostra un ottimo fermento nella città della lanterna per quanto riguarda le cinque note. I Super elastic bubble plastic non li conoscevo se non di nome per aver letto qualcosa sulla loro formazione. Il loro set è stato molto potente ma devo dire che non mi ha impressionato più di tanto. Sanno fare benissimo un sacco di rumore e tirano su, pur essendo solo in tre, un muro sonoro veramente notevole. Ciò non toglie però che sanno di già sentito, un po’ senza personalità, non tanto presi singolarmente, quanto come suono che fanno uscire dagli amplificatori. Il definitiva il concerto dei Super elastic bubble plastic non è stato niente male, ma allo stesso tempo m’ha lasciato un po’ di amaro in bocca, come quando si ascolta qualcuno che potrebbe dare molto di più. Purtroppo i Perturbazione li ho solo sentiti ma non li ho visti perché ero all’incontro con gli Afterhours, quindi vi parlerò di loro basandomi su quanto m’hanno raccontato quelli che erano davanti al palco e sull’unico brano che gli ho visto suonare. Nonostante la musica dei perturbazione sia un pop intelligente e raffinato il gruppo torinese ha realizzato un ottimo live anche come impatto. Il cantante che scende a esibirsi in mezzo alla gente fa sempre la sua ottima figura e certe canzoni sono veramente notevoli, sia del vecchio album che del nuovo. “Agosto” e “Per te che non ho conosciuto” anche ascoltate da distante sono state da brividi e la conclusione coverizzante di “Occhi bassi” ha avuto il suo buon impatto. Un gruppo unico, l’ho già detto recensendone l’ultimo album, capace di farti davvero apprezzare la musica che nasce nel nostro paese. I due perfetti sconosciuti Piers Faccini e Laetitia Sheriff hanno tirato fuori due buoni live, nonostante quel disinteresse che si crea nel pubblico dei festival quando si trova davanti artisti che non conosce. Il primo è un ottimo folk-singer, forse un po’ plagioso (un brano era eccessivamente simile a “Cannonball” di Damien Rice) e ripetitivo, ma capace di imbastire un concerto piacevolissimo con la sua miscela di folk e blues. Laetitia Sheriff invece è una ragazza francese che ha fatto ascoltare un passabile rock indie accompagnata da un ottimo chitarrista. Brava, ma nulla di più. Diciamo che semplicemente non m’ha impressionato, è stata ascoltabile, un buon live, ma nulla di più. I Marlene Kuntz hanno un pubblico adorante fantastico e sanno ancora tenere il palco come anni fa. Penalizzati da dei suoni tremendi, jack che si staccavano o smettevano di funzionare, volumi fatti malissimo, hanno saputo regalare al loro pubblico un ottimo live nonostante tutti questi ostacoli. Pochissime canzoni nuove, per un’esibizione dedicata ai classici. Bisogna ammetterlo, quando si ascoltano brani come “Nuotando nell’aria”, “Ineluttabile” si rimane sempre rapiti e estasiati, anche se la voce di Godano non è più quella di un tempo sa regalare sempre grandi emozioni a chi si trova davanti al palco. Anche coi brani più duri come la storica “Festa mesta” il coinvolgimento del pubblico è veramente altissimo, e quando dopo un’ora i Marlene concludono con “Sonica” è la solita carica di adrenalina. Mi aspettavo da loro un ottimo concerto e un ottimo concerto ho visto. Gli Anthony and the Johnsons salgano sul palco in silenzio e rapiscono il pubblico genovese con un concerto veramente favoloso. L’esibizione del cantante americano e del suo gruppo può essere definita semplicemente come “magica”, un concentrato di passione e sentimento come poche volte ho visto su un palcoscenico. Brani come “My lady story” o “Hope there is someone” non possono non emozionare. I brividi partono dal collo e arrivano ai piedi. Un’esibizione davvero notevole, mi auguro di riuscire a risentirlo molto presto, sentirlo sul palco dopo averlo ascoltato tanto su cd è stato veramente splendido. Gli Afterhours sono gli Afterhours, secondo me la miglior band che abbiamo in Italia, e dico senza problemi che li reputo anche una delle migliori live band esistenti. Ogni volta che li vedo dal vivo resto sempre più impressionato, e devo ammettere che ieri sera sono stati veramente maestosi. I brani del disco nuovo uniti ai classici degli anni ’90 hanno un impatto emotivo sul pubblico pazzesco. E Agnelli magari non sarà il miglior cantante del pianeta, ma davvero pochi riescono a prendermi come lui. E così ti ritrovi a saltare come un folle nella tiratissima “Dea” eseguita subito dopo l’esplosione sonora di “Sui giovani d’oggi ci scatarro su”, e un attimo dopo ti ritrovi con le mani al cielo a urlare la forza di un brano come “Rapace”. Perfetti e emozionanti i brani nuovi, “Ci sono molti modi” è stato secondo me l’apice del concerto. Incredibilmente Agnelli decide di concedere due bis, e devo dire che quella “Non sono immaginario” eseguita solo con chitarra e voce e la conclusiva “Strategie” con tutto il gruppo sono valse la presenza al concerto. Ancora più piacere m’ha dato vedere miei amici e amiche che non conoscevano gli Afterhours restare impressionati dall’intensità della loro esibizione. Finchè esisteranno gruppi come loro, capaci di regalare momenti favolosi sia agli appassionati che a coloro che entrano in contatto con la loro musica per la prima volta, la musica italiana sarà salva e non avrà nulla da invidiare a quella estera. Una bellissima giornata di musica, dei gruppi fenomenali e una fantastica atmosfera. Un festival che era partito in sordina e un po’ col piede sbagliato ma che grazie a una serata come quella di ieri esce veramente a testa alta.

INTERVISTA AGLI AFTERHOURS
METTI UN POMERIGGIO AL SOLE, DAVANTI AL MARE, A CHIACCHIERARE CON GLI AFTERHOURS
Alle sette di sera l’arena del mare dove si svolge ormai da tre anni il goa boa festival è già abbastanza affollata dai ragazzi che ascoltano il concerto dei Perturbazione. Con qualche collega ci accingiamo a incontrare per una conferenza stampa collettiva gli Afterhours sulla terrazza del ristorante Marina, sotto al sole e con davanti il mare del porto di Genova. Manuel Agnelli e il batterista Giorgio Prette si rivelano subito molto ben disposti a rispondere alle nostre domande: due a testa, un po’ pochine, ma ci si accontenta.
Rocklab: Manuel hai in progetto per il futuro altre collaborazioni come quella di qualche anno fa con Emidio Clementi?
Manuel Agnelli: Penso che riprenderemo a collaborare per rifare un reading che non tocchi quello che facevamo in passato ma che abbia quella base di parole e musica, scambiandoci però le esperienze, cioè senza necessariamente che la musica sia portata da me e le parole da lui.
R.: Ricordo un articolo su una rivista in cui descrivevi subito dopo l’uscita di Quello che non c’è, ogni tuo disco in poche parole e spiegavi quanto eri soddisfatto di ogni lavoro, come definiresti questo ultimo disco e quanto ne sei soddisfatto
M.A.: Secondo me è il disco della rinascita, secondo me Quello che non c’è e questo fanno parte di un percorso e comunque il prossimo sarà diverso ma farà comunque parte di questo percorso. Sono soddisfattissimo di questi ultimi due lavori, sono gli unici due che riesco ad ascoltare dall’inizio alla fine. Posso riconoscere che Hai paura del buio sia nato in un momento particolare, particolarmente felice e vibrante, che abbia rappresentato qualcosa, magari lo rappresenta ancora. Per me dal punto di vista musicale gli ultimi due dischi sono quelli più adulti e che riesco ad ascoltare più volentieri.

Beh due domande a testa sono effettivamente poche, ma sentendo anche le domande degli altri giornalisti posso dire senza ombra di dubbio che è stato un incontro interessantissimo e molto piacevole, ed è stato un piacere poi vedere gli Afterhours qualche ora dopo così carichi sul palco regalare al pubblico genovese un live perfetto e intensissimo.