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Non sul genere se ti piace ascolta anche, ma soprattutto se ti piace allora hai ascoltato.. E nei riferimenti un triangolo che ha nei due punti della base Velvet Underground e Animal Collective con Black Ox Orkestrar come vertice. Horses In The Sky è il definitivo stacco da side project di Godspeed You! Black Emperor e da tutta l’egida Constellation, sancito a colpi di un misticismo livido, pulsante e mistico. A Silver Mt. Zion sceglie la via del minimalismo sonoro, abbracciando tutto ciò che il precedente lavoro lasciava solo intravedere: la voce prima di tutto. Onnipresente in tutto il lavoro, affonda le sue radici in un canto disperato che tanto deve a Matt Elliott che al predicatore David Eugene Edwards, in grado di evocare, a suo piacimento, ferite sociali e fantasmi rurali. Il tutto immerso in un paesaggio arido, immerso in un livido cinismo di chi guarda dal di fuori: il linguaggio parlato dal nuovo disco del gruppo canadese è quello folk, ma di una tradizione dell’Est Europa, klezmer prima di tutto, e soprattutto popolare, scandito a clap hands, violini che da armoniosi si trasformano in rasoiate e progressioni di feedback. Come in un vecchio paese, dove ancora qualcuno balla intorno al fuoco per scacciare i vecchi demoni che affollano le case e la landa arida, così il disco assomiglia ad un vero, disilluso e disperato, canto corale. Un lavoro che, in prospettiva, fa male quanto possono farlo i Paper Chase nella dimensione individuale di God Bless Your Black Heart. E per analogia, se il secondo era il capolavoro del 2004, questo lo è del 2005.